La guida di Alessandro

Alessandro
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Sestiere di Cannaregio

Il sestiere di Cannaregio (sestiere a Venezia è sinonimo di quartiere) prende il nome dai canneti che esistevano un tempo. Il percorso nel sestiere può cominciare dalla stazione S. Lucia, costruita sul luogo di un’antica chiesa dedicata a S:Lucia. Ai piedi del ponte sul Canal grande si trova la chiesa degli Scalzi (carmelitani scalzi) celebre edificio barocco. Da lì inizia la strada lista di Spagna fiancheggiata da alberghi e negozi che confluisce nel campo S. Geremia dove sorge l’omonima chiesa che racchiude la tomba di S. Lucia di Siracusa, portata a Venezia nel 1204. Sul campo si erge palazzo Labia, oggi sede regionale della Rai, forse il più lussuoso palazzo patrizio veneziano. Nella sala centrale Tiepolo ha dipinto un affresco che rappresenta Le scene d’amore di Antonio e Cleopatra. Continuando la passeggiata si attraversa il ponte delle Guglie e a sinistra si trova l’entrata del Ghetto, destinato dalla Repubblica di Venezia nel 1516 a residenza degli Ebrei. A causa dello spazio ristretto dato loro, costruirono le case più alte della città. Molto interessanti sono le Sinagoghe degli architetti Longhena e Peruzzi oltre alle sculture moderne poste sulla facciata nel campo del Ghetto novo che ricordano la Shoa. Proseguendo verso Rialto troviamo il palazzo Vendramin Calergi edificato dall’architetto Mauro Codussi nel XVI°sec. La splendida facciata dà sul Canal Grande, oggi è sede del casinò di Venezia. Procedendo per calli e "fondamente" (strade che costeggiano i canali) si arriva al campo dei Mori chiamato così per le statue di uomini in costumi orientali poste sull’angolo del campo. Quella di un uomo con naso di ferro è il “Sior Antonio Rioba” celebre a Venezia tanto quanto la statua di Pasquino a Roma. Poco distante al numero 3399 c’è la casa dove morì Tintoretto.Il celebre pittore dipinse una serie di capolavori per la chiesa della Madonna dell’Orto che si trova oltre il campo dei Mori, il celebre dipinto del Giudizio Universale e quello degli Ebrei che adorano il vitello d’oro, tutti e due visibili nel presbiterio. Ritornando in Strada Nuova, in direzione di Rialto, si trova la Cà d’oro, uno dei più bei palazzi che si affacciano sul Canal Grande costruito nel XV° secolo. Documenta la maestria e raffinatezza dell'architettura dell'epoca a Venezia che cercava di armonizzare i marmi con l'acqua e la luce. Nelle eleganti sale del palazzo è esposta la collezione di opere del Barone Franchetti donata alla città. Fra le strette calli che portano al centro, quasi nascosta in mezzo a vecchie case, appare la chiesa di S. Maria dei Miracoli, gioiello del Rinascimento veneziano, costruita da Pietro Lombardo sul luogo dove si venerava un’immagine miracolosa della Vergine Maria. L'architettura ricorda alcuni modelli toscani della stessa epoca che i fratelli Lombardo, fecondi decoratori, armonizzano in un effetto cromatico squisito con il lusso orientale dell'ambiente veneziano, incassando del porfido, del serpentino a forma di croce, di dischi di cornici e di fregi. L'interno della chiesa, col suo grandioso altare maggiore sopraelevato, ha lo stesso stile prezioso dell'esterno. Oltre a prestarsi per un viaggio di tipo culturale e artistico, il sestiere di Cannaregio offre una grandissima scelta di locali tipici frequentati specialmente all'orario dell'aperitivo, e che rendono questo quartiere probabilmente il più vivo e caratteristico di tutta la città di Venezia. Da ricordare a tale proposito i famosi e bellissimi Rio de Cannaregio e Rio della Misericordia pieni di moltissimi locali lungo il canale dove potrete gustarvi un buon aperitivo in un contesto veramente unico al mondo. Il quartiere di Cannareggio oltre ad essere molto vivo regala angolini splendidi e mostra una città in qualche modo più autentica. Inoltranodovi tra le sue calli e campi potrete veramente godere della vera atmosfera veneziana e tra queste cè ne una che vanta un primato particolare: essere la calle più stretta della città. Si chiama Calle Varisco ed è larga soli 53 cm, una tappa curiosa sicuramente da inserire nel vostro itinerario dedicato alla scoperta di questo sestiere.
Il sestiere di Cannareggio offre ai suoi visitatori la vera atmosfera veneziana, con i suoi palazzi tipici, con i suoi canali e i suoi bacari e ristoranti di pesce, questo quartiere di Venezia è sicuramente tra i più affascinanti e frequentati di tutta l'isola.
84 Recomendado por los habitantes de la zona
Cannaregio
84 Recomendado por los habitantes de la zona
Il sestiere di Cannareggio offre ai suoi visitatori la vera atmosfera veneziana, con i suoi palazzi tipici, con i suoi canali e i suoi bacari e ristoranti di pesce, questo quartiere di Venezia è sicuramente tra i più affascinanti e frequentati di tutta l'isola.

Visite turistiche a Cannaregio

Questi sono luoghi di interesse nel sestiere di Cannaregio, posti unici e consiglio di inserire nel vostro itinerario alla scoperta di questa città magica
La chiesa Santa Maria dei Miracoli è uno dei primissimi edifici di stile rinascimentale costruiti a Venezia. Nel corso del XVI secolo vennero effettuati degli interventi agli interni. Nel 1997 è stata oggetto di un accurato restauro, che ha permesso ai veneziani ed ai turisti di godere completamente delle sue bellezze artistiche. Nella seconda metà del XV secolo esisteva un dipinto, posto ad un angolo dell'abitazione del mercante lombardo Angelo Amadi. Ritenuto miracoloso dagli abitanti della zona, a questo dipinto si affidavano gli abitanti per chiedere numerose grazie. Da qui la necessità di rendere omaggio al quadro della Vergine con una costruzione degna dei suoi miracoli. Il progetto venne affidato all'architetto Pietro Lombardo che, con l'aiuto dei figli Tullio e Antonio, progettò e costruì questo piccolo tempio nel giro di 8 anni (1481-1489). Descrizione Il tempio si presenta con una struttura rettangolare: la facciata si affaccia su un campo, il lato destro e l'abside su strette vie, mentre il lato sinistro affonda nell'acqua di un canale. La facciata pentapartita da paraste è divisa in due ordini, invertiti rispetto ai classici canoni vitruviani: l'ordine inferiore, con capitelli corinzi, è architravato, mentre quello superiore, ionico, è composto da 5 archi ciechi. Sovrasta la facciata un ampio frontone semicircolare, decorato da un rosone, 3 oculi e 2 cerchi marmorei. L'intera facciata «agghindata, ingemmata dai rivestimenti marmorei incrostativi a riquadri, a croci, a stelle, a ruote»[1] è ricoperta di marmi policromi (pavonazzetto toscano venato, pietra d'Istria, serpentino, giallo e rosso); sopra il portale vi è un timpano curvilineo, decorato da un busto raffigurante la Madonna col Bambino, opera dello scultore Giovanni Giorgio Lascaris, datato 1480. Nei pennacchi fra gli archi lungo tutto l'edificio sono collocati busti di profeti che lasciano il posto ad angeli a figura intera nei pennacchi angolari. Bassorilievi con figure di santi, scene della vita di Gesù e l'Assunzione della Vergine sono scolpite nei tondi degli stipiti dei portali. Le sculture nei livelli più alti sono state intagliate da diversi scalpellini di vario talento, forse non appartenenti alla bottega di Pietro Lombardo. Dalla porta maggiore si entra nel basso spazio ancora sovrastato dal "barco", la tribuna che conteneva il coro delle clarisse. Da segnalare la singolare decorazione della vicina colonna quadrata che sostiene il barco, intagliata da una mano apparentemente estranea alla bottega di Pietro Lombardo. ll soffitto inserito tra le travi è invece databile alla fine del Cinquecento. Le tele negli scomparti sono dipinti di epoca più tarda. L'interno presenta un'unica navata con volta a botte decorata a cassettoni dorati, all'interno dei cinquanta riquadri si notano piccoli dipinti su tavola raffiguranti profeti e patriarchi. Il presbiterio inizia con una ripida scalinata che porta al piano rialzato, elegantemente decorato con quattro statue: S.Antonio di Padova e S.Chiara, l'Arcangelo Gabriele e l'Annunciata e due pulpiti poligonali, il tutto in marmi policromi, opera di Pietro Lombardo con la collaborazione dei figli Tullio e Antonio. I leggii degli amboni sono sostenuti da aquile. La grande croce di dischi di porfido sulla parete di fondo richiama lo sguardo verso l'alto, dove si incontrano i tondi con i rilievi prospettici degli Evangelisti nei pennecchi e la vetrata superstite nel tamburo. Nella vetrata è raffigurata una imago Pietatis, il Cristo nel sepolcro. Sull'altare maggiore sono collocate due statue di Cesare Groppo: San Pietro e Sant'Antonio Abate che fanno da cornice al piccolo "miracoloso" dipinto su tavola raffigurante la Madonna stante su di un prato fiorito contro un fondo rosso con in braccio Gesù Bambino. Degno di nota, forse uno degli aspetti più suggestivi e misteriosi della chiesa, è l'apparato scultoreo che interessa i plinti sui quali sono collocate le grandi colonne dell'arco trionfale, sculture attribuito a Tullio e ad Antonio Lombardo. Tritoni e controparti femminili presentano sembianze eleganti ed armoniose e sono caratterizzati da lunghe code di pesce, zampe anteriori fitomorfe e ali. Sulle loro code sono montati putti ed eroti alcuni dei quali sorreggono frutti. Tale complesso scultoreo può essere inquadrato nell'ottica di un passaggio al mondo ultraterreno concepito come una traversata del mare. Osservando la differente raffigurazione nei due plinti, asimmetrica e drammatica a sinistra, priva di movimento e simmetrica a destra (qui quasi tutte le creature marine sono provviste di ali) emerge l'evocazione della fine dell'idillico mondo antico e pagano nel primo e del suo rivivere in quello cristiano nel secondo.
76 Recomendado por los habitantes de la zona
Church of Santa Maria dei Miracoli
Campiello dei Miracoli
76 Recomendado por los habitantes de la zona
La chiesa Santa Maria dei Miracoli è uno dei primissimi edifici di stile rinascimentale costruiti a Venezia. Nel corso del XVI secolo vennero effettuati degli interventi agli interni. Nel 1997 è stata oggetto di un accurato restauro, che ha permesso ai veneziani ed ai turisti di godere completamente delle sue bellezze artistiche. Nella seconda metà del XV secolo esisteva un dipinto, posto ad un angolo dell'abitazione del mercante lombardo Angelo Amadi. Ritenuto miracoloso dagli abitanti della zona, a questo dipinto si affidavano gli abitanti per chiedere numerose grazie. Da qui la necessità di rendere omaggio al quadro della Vergine con una costruzione degna dei suoi miracoli. Il progetto venne affidato all'architetto Pietro Lombardo che, con l'aiuto dei figli Tullio e Antonio, progettò e costruì questo piccolo tempio nel giro di 8 anni (1481-1489). Descrizione Il tempio si presenta con una struttura rettangolare: la facciata si affaccia su un campo, il lato destro e l'abside su strette vie, mentre il lato sinistro affonda nell'acqua di un canale. La facciata pentapartita da paraste è divisa in due ordini, invertiti rispetto ai classici canoni vitruviani: l'ordine inferiore, con capitelli corinzi, è architravato, mentre quello superiore, ionico, è composto da 5 archi ciechi. Sovrasta la facciata un ampio frontone semicircolare, decorato da un rosone, 3 oculi e 2 cerchi marmorei. L'intera facciata «agghindata, ingemmata dai rivestimenti marmorei incrostativi a riquadri, a croci, a stelle, a ruote»[1] è ricoperta di marmi policromi (pavonazzetto toscano venato, pietra d'Istria, serpentino, giallo e rosso); sopra il portale vi è un timpano curvilineo, decorato da un busto raffigurante la Madonna col Bambino, opera dello scultore Giovanni Giorgio Lascaris, datato 1480. Nei pennacchi fra gli archi lungo tutto l'edificio sono collocati busti di profeti che lasciano il posto ad angeli a figura intera nei pennacchi angolari. Bassorilievi con figure di santi, scene della vita di Gesù e l'Assunzione della Vergine sono scolpite nei tondi degli stipiti dei portali. Le sculture nei livelli più alti sono state intagliate da diversi scalpellini di vario talento, forse non appartenenti alla bottega di Pietro Lombardo. Dalla porta maggiore si entra nel basso spazio ancora sovrastato dal "barco", la tribuna che conteneva il coro delle clarisse. Da segnalare la singolare decorazione della vicina colonna quadrata che sostiene il barco, intagliata da una mano apparentemente estranea alla bottega di Pietro Lombardo. ll soffitto inserito tra le travi è invece databile alla fine del Cinquecento. Le tele negli scomparti sono dipinti di epoca più tarda. L'interno presenta un'unica navata con volta a botte decorata a cassettoni dorati, all'interno dei cinquanta riquadri si notano piccoli dipinti su tavola raffiguranti profeti e patriarchi. Il presbiterio inizia con una ripida scalinata che porta al piano rialzato, elegantemente decorato con quattro statue: S.Antonio di Padova e S.Chiara, l'Arcangelo Gabriele e l'Annunciata e due pulpiti poligonali, il tutto in marmi policromi, opera di Pietro Lombardo con la collaborazione dei figli Tullio e Antonio. I leggii degli amboni sono sostenuti da aquile. La grande croce di dischi di porfido sulla parete di fondo richiama lo sguardo verso l'alto, dove si incontrano i tondi con i rilievi prospettici degli Evangelisti nei pennecchi e la vetrata superstite nel tamburo. Nella vetrata è raffigurata una imago Pietatis, il Cristo nel sepolcro. Sull'altare maggiore sono collocate due statue di Cesare Groppo: San Pietro e Sant'Antonio Abate che fanno da cornice al piccolo "miracoloso" dipinto su tavola raffigurante la Madonna stante su di un prato fiorito contro un fondo rosso con in braccio Gesù Bambino. Degno di nota, forse uno degli aspetti più suggestivi e misteriosi della chiesa, è l'apparato scultoreo che interessa i plinti sui quali sono collocate le grandi colonne dell'arco trionfale, sculture attribuito a Tullio e ad Antonio Lombardo. Tritoni e controparti femminili presentano sembianze eleganti ed armoniose e sono caratterizzati da lunghe code di pesce, zampe anteriori fitomorfe e ali. Sulle loro code sono montati putti ed eroti alcuni dei quali sorreggono frutti. Tale complesso scultoreo può essere inquadrato nell'ottica di un passaggio al mondo ultraterreno concepito come una traversata del mare. Osservando la differente raffigurazione nei due plinti, asimmetrica e drammatica a sinistra, priva di movimento e simmetrica a destra (qui quasi tutte le creature marine sono provviste di ali) emerge l'evocazione della fine dell'idillico mondo antico e pagano nel primo e del suo rivivere in quello cristiano nel secondo.
La Ca' d'Oro è un noto palazzo di Venezia, situato nel sestiere di Cannaregio e affacciato sul Canal Grande, la cui denominazione deriva dal fatto che in origine alcune parti della facciata erano ricoperte d'oro, rifinitura che faceva parte di una complessa policromia, oggi scomparsa, ritenuta uno dei massimi esempi del gotico fiorito veneziano. Dal 1927 è adibito a museo come sede della Galleria Franchetti. La galleria ospita la collezione di opere d'arte raccolta da Giorgio Franchetti nella sua vita. In seguito alla donazione allo Stato italiano avvenuta nel 1916 e in vista dell'allestimento del museo, alla collezione Franchetti furono affiancate alcune raccolte statali da cui provengono la maggior parte dei bronzi e delle sculture esposte, oltre a numerosi dipinti veneti e fiamminghi. Tra le opere di maggior pregio vi sono il San Sebastiano di Andrea Mantegna, il Ritratto di Marcello Durazzo di Antoon van Dyck, il Doppio ritratto di Tullio Lombardo, la Venere allo specchio di Tiziano, vedute di Francesco Guardi, la Venere dormiente di Paris Bordone e ampie porzioni degli affreschi di Giorgione e Tiziano, provenienti dalle due facciate del Fondaco dei Tedeschi, tra cui spicca la Giuditta. Di Vittore Carpaccio e bottega sono i tre teleri con le Storie della Vergine provenienti dalla Scuola degli Albanesi. Oltre alle sale espositive, il museo ospita vari laboratori per la conservazione e il restauro di opere d'arte.
105 Recomendado por los habitantes de la zona
Ca' d'Oro
3934 Calle Ca' d'Oro
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La Ca' d'Oro è un noto palazzo di Venezia, situato nel sestiere di Cannaregio e affacciato sul Canal Grande, la cui denominazione deriva dal fatto che in origine alcune parti della facciata erano ricoperte d'oro, rifinitura che faceva parte di una complessa policromia, oggi scomparsa, ritenuta uno dei massimi esempi del gotico fiorito veneziano. Dal 1927 è adibito a museo come sede della Galleria Franchetti. La galleria ospita la collezione di opere d'arte raccolta da Giorgio Franchetti nella sua vita. In seguito alla donazione allo Stato italiano avvenuta nel 1916 e in vista dell'allestimento del museo, alla collezione Franchetti furono affiancate alcune raccolte statali da cui provengono la maggior parte dei bronzi e delle sculture esposte, oltre a numerosi dipinti veneti e fiamminghi. Tra le opere di maggior pregio vi sono il San Sebastiano di Andrea Mantegna, il Ritratto di Marcello Durazzo di Antoon van Dyck, il Doppio ritratto di Tullio Lombardo, la Venere allo specchio di Tiziano, vedute di Francesco Guardi, la Venere dormiente di Paris Bordone e ampie porzioni degli affreschi di Giorgione e Tiziano, provenienti dalle due facciate del Fondaco dei Tedeschi, tra cui spicca la Giuditta. Di Vittore Carpaccio e bottega sono i tre teleri con le Storie della Vergine provenienti dalla Scuola degli Albanesi. Oltre alle sale espositive, il museo ospita vari laboratori per la conservazione e il restauro di opere d'arte.
Il 13 febbraio 1995 la stanza del piano mezzanino dove il celebre maestro visse e compose è stata affidata dal Comune all'Associazione Richard Wagner di Venezia, presieduta da Giuseppe Pugliese. Allestita a spazio museale, è aperta al pubblico a perenne memoria del musicista e del suo amore per la città lagunare. Dal 2003 anche le stanze adiacenti sono state adibite a museo, per ospitare la collezione di Josef Lienhart, ricevuta in donazione: rari documenti, manifesti, partiture, lettere autografe, quadri, dischi, litografie e vari cimeli. La più grande collezione privata dedicata al compositore tedesco, dopo quella di Bayreuth. Un luogo appartato, lontano dalle interferenze del mondo. In fuga da affanni quotidiani e tempeste sentimentali, alla ricerca di uno spazio fuori dal tempo in cui far tornare alla luce un'ispirazione senza nome. Spinto da un impulso alla quiete, Richard Wagnerindividua in Venezia la sua oasi: "Mi è diventato del tutto insopportabile il vivere in città grandi specie per il rumore delle carrozze che mi rende furioso. Ora è risaputo che Venezia è la città più tranquilla, vale a dire la meno rumorosa del mondo e questo mi fa decidere assolutamente per essa", scrive in una lettera al suocero Franz Liszt prima di giungere per il primo dei sei soggiorni veneziani, nell'agosto del 1858. Di ritorno da Palermo, nell'aprile del 1882, dopo aver completato la partitura del Parsifal per la seconda edizione del Festival di Bayreuth prevista per l'estate del 1882, subaffitta dal conte Bardi, spesso fuori città, l'intero piano del mezzanino di Ca' Vendramin Calergi, di cui prende possesso il 16 settembre, tornando per l'ultima volta nella città lagunare. Qui vi trascorre l'inverno con la famiglia, fino alla morte, avvenuta il 13 febbraio 1883. Oggi alcune stanze del suo appartamento sono adibite a sede museale. Mostre, pubblicazioni, conferenze, tavole rotonde e concerti. L’Associazione Richard Wagner di Venezia cura l’organizzazione di attività mirate ad approfondire e diffondere la conoscenza e lo studio della vita e dell’opera musicale e letteraria di Richard Wagner attraverso il Centro Europeo di Studi e Ricerche Richard Wagner (C.E.S.R.R.W.), con sede nelle Sale. In collaborazione con il Casinò di Venezia, la Fondazione La Fenice, l'Associazione organizza l'annuale Concerto Omaggio a Richard Wagner, l'Incontro Musicale con i Borsisti Bayreuth, e il ciclo dei Giovani Concertisti durante le Giornate Wagneriane, dedicate all'esecuzione di musiche, note e meno note, del Maestro e di autori che ne hanno stimolato la formazione o subito l'influenza. Un ricco calendario comprende eventi e concerti anche nel Salone delle Feste del Casinò.
Museo Wagner
2040 Calle Colombina
Il 13 febbraio 1995 la stanza del piano mezzanino dove il celebre maestro visse e compose è stata affidata dal Comune all'Associazione Richard Wagner di Venezia, presieduta da Giuseppe Pugliese. Allestita a spazio museale, è aperta al pubblico a perenne memoria del musicista e del suo amore per la città lagunare. Dal 2003 anche le stanze adiacenti sono state adibite a museo, per ospitare la collezione di Josef Lienhart, ricevuta in donazione: rari documenti, manifesti, partiture, lettere autografe, quadri, dischi, litografie e vari cimeli. La più grande collezione privata dedicata al compositore tedesco, dopo quella di Bayreuth. Un luogo appartato, lontano dalle interferenze del mondo. In fuga da affanni quotidiani e tempeste sentimentali, alla ricerca di uno spazio fuori dal tempo in cui far tornare alla luce un'ispirazione senza nome. Spinto da un impulso alla quiete, Richard Wagnerindividua in Venezia la sua oasi: "Mi è diventato del tutto insopportabile il vivere in città grandi specie per il rumore delle carrozze che mi rende furioso. Ora è risaputo che Venezia è la città più tranquilla, vale a dire la meno rumorosa del mondo e questo mi fa decidere assolutamente per essa", scrive in una lettera al suocero Franz Liszt prima di giungere per il primo dei sei soggiorni veneziani, nell'agosto del 1858. Di ritorno da Palermo, nell'aprile del 1882, dopo aver completato la partitura del Parsifal per la seconda edizione del Festival di Bayreuth prevista per l'estate del 1882, subaffitta dal conte Bardi, spesso fuori città, l'intero piano del mezzanino di Ca' Vendramin Calergi, di cui prende possesso il 16 settembre, tornando per l'ultima volta nella città lagunare. Qui vi trascorre l'inverno con la famiglia, fino alla morte, avvenuta il 13 febbraio 1883. Oggi alcune stanze del suo appartamento sono adibite a sede museale. Mostre, pubblicazioni, conferenze, tavole rotonde e concerti. L’Associazione Richard Wagner di Venezia cura l’organizzazione di attività mirate ad approfondire e diffondere la conoscenza e lo studio della vita e dell’opera musicale e letteraria di Richard Wagner attraverso il Centro Europeo di Studi e Ricerche Richard Wagner (C.E.S.R.R.W.), con sede nelle Sale. In collaborazione con il Casinò di Venezia, la Fondazione La Fenice, l'Associazione organizza l'annuale Concerto Omaggio a Richard Wagner, l'Incontro Musicale con i Borsisti Bayreuth, e il ciclo dei Giovani Concertisti durante le Giornate Wagneriane, dedicate all'esecuzione di musiche, note e meno note, del Maestro e di autori che ne hanno stimolato la formazione o subito l'influenza. Un ricco calendario comprende eventi e concerti anche nel Salone delle Feste del Casinò.
Si ha notizia di un edificio religioso eretto nel 1222, di proprietà della patrizia famiglia Baffo (o Balbo), nello stesso luogo. Stabilita nel 1356 la pace tra Genova e Venezia il giorno di Santa Maddalena divenne festivo dalla metà del XIV secolo per decisione del Senato veneziano e la chiesa venne ingrandita, includendo anche una torre di guardia adibita a campanile. A partire dal 1763 la chiesa venne interamente ricostruita, a pianta circolare, su disegno di Tommaso Temanza, che ne spostò l'orientamento verso il campo. I lavori terminarono nel 1790 sotto la direzione di Giannantonio Selva. Nel 1810 fu revocata dal ruolo di chiesa parrocchiale e nel 1820 fu chiusa, per essere riaperta come oratorio. Nel 1888 venne abbattuto il campanile, ormai pericolante. Attualmente è una chiesa rettoriale dipendente dalla parrocchia di San Marcuola (vicariato di Cannaregio-Estuario, patriarcato di Venezia). La chiesa presenta una pianta circolare piuttosto insolita per Venezia (l'unico altro esempio è quella di San Simeon Piccolo), con copertura a cupola emisferica, di chiara ispirazione all'architettura dell'antica Roma ed in particolare al Pantheon, di cui riprende i gradoni all'esterno. Il richiamo va inoltre ad edifici veneti come la Salute e San Simeon Piccolo, opera quest'ultima di Giovanni Antonio Scalfarotto, maestro e zio di Tommaso Temanza. Le ceneri di Temanza riposano in questa sua chiesa, appena oltre l'entrata laterale. La chiesa conserva importanti dipinti del XVIII secolo, tra cui l'Ultima cena di Giandomenico Tiepolo e l'Apparizione della Vergine a san Simone Stock di Giuseppe Angeli oltre ad altre tele settecentesche, opera della scuola di Giovanni Battista Piazzetta. Nel 2005, nel corso di restauri consistenti nella rimozione dello scialbo, l'imbiancatura che è stata data nel XIX secolo, per tirare fuori l'originario marmorino settecentesco, è stato scoperto, nella lunetta sopra l'altare, un affresco allegorico a monocromo di Giandomenico Tiepolo rappresentante la Fede e che originariamente sovrastava il dipinto dell'Ultima Cena
Chiesa di Santa Maria Maddalena
2205 Fondamenta de le Colonete
Si ha notizia di un edificio religioso eretto nel 1222, di proprietà della patrizia famiglia Baffo (o Balbo), nello stesso luogo. Stabilita nel 1356 la pace tra Genova e Venezia il giorno di Santa Maddalena divenne festivo dalla metà del XIV secolo per decisione del Senato veneziano e la chiesa venne ingrandita, includendo anche una torre di guardia adibita a campanile. A partire dal 1763 la chiesa venne interamente ricostruita, a pianta circolare, su disegno di Tommaso Temanza, che ne spostò l'orientamento verso il campo. I lavori terminarono nel 1790 sotto la direzione di Giannantonio Selva. Nel 1810 fu revocata dal ruolo di chiesa parrocchiale e nel 1820 fu chiusa, per essere riaperta come oratorio. Nel 1888 venne abbattuto il campanile, ormai pericolante. Attualmente è una chiesa rettoriale dipendente dalla parrocchia di San Marcuola (vicariato di Cannaregio-Estuario, patriarcato di Venezia). La chiesa presenta una pianta circolare piuttosto insolita per Venezia (l'unico altro esempio è quella di San Simeon Piccolo), con copertura a cupola emisferica, di chiara ispirazione all'architettura dell'antica Roma ed in particolare al Pantheon, di cui riprende i gradoni all'esterno. Il richiamo va inoltre ad edifici veneti come la Salute e San Simeon Piccolo, opera quest'ultima di Giovanni Antonio Scalfarotto, maestro e zio di Tommaso Temanza. Le ceneri di Temanza riposano in questa sua chiesa, appena oltre l'entrata laterale. La chiesa conserva importanti dipinti del XVIII secolo, tra cui l'Ultima cena di Giandomenico Tiepolo e l'Apparizione della Vergine a san Simone Stock di Giuseppe Angeli oltre ad altre tele settecentesche, opera della scuola di Giovanni Battista Piazzetta. Nel 2005, nel corso di restauri consistenti nella rimozione dello scialbo, l'imbiancatura che è stata data nel XIX secolo, per tirare fuori l'originario marmorino settecentesco, è stato scoperto, nella lunetta sopra l'altare, un affresco allegorico a monocromo di Giandomenico Tiepolo rappresentante la Fede e che originariamente sovrastava il dipinto dell'Ultima Cena
Il ghetto ebraico, situato nel sestiere di Cannaregio, non lontano dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia, fa riferimento alla zona in cui la popolazione ebraica è stata costretta a vivere dal 16 ° al 18esimo secolo. Il Ghetto ebraico veneziano è caratterizzato in particolare dai suoi alti edifici, a volte fino a sette piani con soffitti bassi, a causa del numero di persone che sono state costrette a trasferirsi in questa zona. Il ghetto è diviso in tre parti adiacenti: il Ghetto Novo, le parti più antiche risalenti al 1516, il Ghetto Vecchio del 1541 e il Ghetto Novissimo, costruito nel 1633. Il ghetto ospitava anche cinque sinagoghe, tutte ancora intatto oggi e utilizzato come centro religioso per la piccola comunità ebraica che vive ancora nella zona.
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Jewish Ghetto
2882 Calle Ghetto Vecchio
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Il ghetto ebraico, situato nel sestiere di Cannaregio, non lontano dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia, fa riferimento alla zona in cui la popolazione ebraica è stata costretta a vivere dal 16 ° al 18esimo secolo. Il Ghetto ebraico veneziano è caratterizzato in particolare dai suoi alti edifici, a volte fino a sette piani con soffitti bassi, a causa del numero di persone che sono state costrette a trasferirsi in questa zona. Il ghetto è diviso in tre parti adiacenti: il Ghetto Novo, le parti più antiche risalenti al 1516, il Ghetto Vecchio del 1541 e il Ghetto Novissimo, costruito nel 1633. Il ghetto ospitava anche cinque sinagoghe, tutte ancora intatto oggi e utilizzato come centro religioso per la piccola comunità ebraica che vive ancora nella zona.
Il Parco di Villa Groggia, situato lungo il margine settentrionale del sestiere di Cannaregio, è un parco piccolo e intimo, generalmente frequentato dai locali. I giardini romantici non solo mostrano eccezionali opere d'arte e bellezza naturale, ma ospitano anche un piccolo teatro, chiamato Teatrino di Villa Groggia, risalente al XIX secolo. Oggi Parco di Villa Groggia attira soprattutto famiglie locali che amano la pace e la tranquillità dei giardini e del parco giochi per bambini, lontano dal trambusto delle folle turistiche della città.
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Parco "Villa Groggia"
3160A Calle del Capitelo
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Il Parco di Villa Groggia, situato lungo il margine settentrionale del sestiere di Cannaregio, è un parco piccolo e intimo, generalmente frequentato dai locali. I giardini romantici non solo mostrano eccezionali opere d'arte e bellezza naturale, ma ospitano anche un piccolo teatro, chiamato Teatrino di Villa Groggia, risalente al XIX secolo. Oggi Parco di Villa Groggia attira soprattutto famiglie locali che amano la pace e la tranquillità dei giardini e del parco giochi per bambini, lontano dal trambusto delle folle turistiche della città.
Il ponte delle Guglie è un ponte di Venezia, situato nel sestiere di Cannaregio. È l'unico ponte veneziano adornato da pinnacoli, posti alla base dei corrimani: le guglie da cui prende il nome. Il ponte di Cannaregio fu costruito per la prima volta in legno nel 1285. Fu sostituito dall'attuale ponte in pietra nel 1580, come testimoniano le iscrizioni poste sul ponte stesso. Restaurato nel 1641 e nel 1677, fu ricostruito nel 1823 con l'aggiunta delle guglie, per cui prese l'attuale nome. Nel 1987, con un ulteriore restauro venne aggiunto un percorso per disabili dotato di corrimano in metallo e i gradini, che prima erano in asfalto, ora sono in pietra.
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Ponte delle guglie
Ponte delle Guglie
18 Recomendado por los habitantes de la zona
Il ponte delle Guglie è un ponte di Venezia, situato nel sestiere di Cannaregio. È l'unico ponte veneziano adornato da pinnacoli, posti alla base dei corrimani: le guglie da cui prende il nome. Il ponte di Cannaregio fu costruito per la prima volta in legno nel 1285. Fu sostituito dall'attuale ponte in pietra nel 1580, come testimoniano le iscrizioni poste sul ponte stesso. Restaurato nel 1641 e nel 1677, fu ricostruito nel 1823 con l'aggiunta delle guglie, per cui prese l'attuale nome. Nel 1987, con un ulteriore restauro venne aggiunto un percorso per disabili dotato di corrimano in metallo e i gradini, che prima erano in asfalto, ora sono in pietra.
La chiesa venne costruita dalla congregazione degli Umiliati verso la metà del XIV secolo, giunti a Venezia sotto la guida del loro Superiore Generale frate Tiberio da Parma, generale dell'ordine e sepolto nella chiesa stessa. Venne dedicata a Dio, alla Beata Vergine e a San Cristoforo, il santo patrono dei viaggiatori e dei traghettatori, scelta probabilmente suggerita dall'ubicazione della chiesa in prossimità della laguna e delle isole prospicienti questa parte della città e alla terraferma. Il nome con il quale la chiesa entrò a far parte della storia di Venezia ed è nota in tutto il mondo fu quello che le venne dato dalla popolazione dopo che vi fu collocata una statua della Vergine, ritenuta miracolosa. La statua venne scolpita da Giovanni De Santi, su committenza del parroco di Santa Maria Formosa, il quale, non trovandola di suo gradimento, la rifiutò quando era ancora in corso di realizzazione. Lo scultore sistemò provvisoriamente nell'orto della propria casa la statua di pietra tenera, incompiuta. Di lì a poco la moglie dello scultore si accorse che la statua emanava strani bagliori durante la notte: la notizia si diffuse presto in tutta la città e il luogo divenne meta di pellegrinaggi. In seguito al verificarsi di alcuni miracoli e al conseguente aumento della venerazione popolare, il vescovo di San Pietro di Castello (che fino al 1807 fu la sede cattedrale cittadina) indusse il De Santi a spostare la statua all'interno della sua casa o di una chiesa per evitare forme improprie di culto. L'artista l'offrì dunque ai frati di San Cristoforo con tre richieste: di poter essere sepolto a sue spese dinnanzi al luogo dove sarebbe stata collocata la statua, che gli fosse celebrata in perpetuo una messa in suffragio e che gli fosse corrisposta una ingente somma di danaro. I frati accolsero le prime due richieste ma non trovandosi in condizioni economiche adatte per acquistare la statua, intervenne la scuola di San Cristoforo che la comprò per la somma di 150 ducati. Il 18 giugno del 1377 la statua venne solennemente trasportata in chiesa. L'edificio poggiava su deboli fondazioni e per tale ragione nel 1399 venne iniziata un'importante opera di rifacimento finanziata anche da duecento ducati d'oro stanziati dal Maggior Consiglio in data 11 novembre dello stesso anno. Nel 1414 il Consiglio dei Dieci concesse alla chiesa l'uso ufficiale del nome "Madonna dell'Orto", come peraltro ormai già consolidato a livello popolare. Nel 1462 gli Umiliati vennero scacciati con decreto del Consiglio dei Dieci approvato anche dal Pontefice a causa dei "loro depravati costumi". La chiesa venne assegnata alla pia congregazione dei Canonici Regolari di San Giorgio in Alga che venne soppressa nel 1668 Il convento della Madonna dell'Orto passò nel 1669 alla Congregazione dei Monaci Cistercensi provenienti dall'abbazia di San Tommaso dei Borgognoni. Nel 1787 anche i Cistercensi cessarono la loro attività in quel luogo e la chiesa divenne di pubblica amministrazione con a capo un rettore ed alcuni sacerdoti. Nel 1810 venne dichiarata oratorio di San Marziale e nel 1841 il governo austriaco ne ordinò un restauro generale a proprie spese. I restauri della facciata avvennero nel 1845, i lavori per il resto dell'edificio vennero iniziati nel 1855 ma non portati a termine. La chiesa venne poi ceduta ai militari che ne fecero un deposito di paglia e vino. Nel 1864 i lavori di restauro vennero ripresi e terminati nel 1869. Con il decreto patriarcale del 12 luglio 1875 la chiesa venne dichiarata parrocchiale al posto della chiesa di San Marziale che divenne quindi rettoria. Dal 1931 la parrocchia è affidata ai padri della Congregazione di San Giuseppe (padri giuseppini) di San Leonardo Murialdo.
73 Recomendado por los habitantes de la zona
Iglesia de la Madonna dell'Orto
3512 Cannareggio
73 Recomendado por los habitantes de la zona
La chiesa venne costruita dalla congregazione degli Umiliati verso la metà del XIV secolo, giunti a Venezia sotto la guida del loro Superiore Generale frate Tiberio da Parma, generale dell'ordine e sepolto nella chiesa stessa. Venne dedicata a Dio, alla Beata Vergine e a San Cristoforo, il santo patrono dei viaggiatori e dei traghettatori, scelta probabilmente suggerita dall'ubicazione della chiesa in prossimità della laguna e delle isole prospicienti questa parte della città e alla terraferma. Il nome con il quale la chiesa entrò a far parte della storia di Venezia ed è nota in tutto il mondo fu quello che le venne dato dalla popolazione dopo che vi fu collocata una statua della Vergine, ritenuta miracolosa. La statua venne scolpita da Giovanni De Santi, su committenza del parroco di Santa Maria Formosa, il quale, non trovandola di suo gradimento, la rifiutò quando era ancora in corso di realizzazione. Lo scultore sistemò provvisoriamente nell'orto della propria casa la statua di pietra tenera, incompiuta. Di lì a poco la moglie dello scultore si accorse che la statua emanava strani bagliori durante la notte: la notizia si diffuse presto in tutta la città e il luogo divenne meta di pellegrinaggi. In seguito al verificarsi di alcuni miracoli e al conseguente aumento della venerazione popolare, il vescovo di San Pietro di Castello (che fino al 1807 fu la sede cattedrale cittadina) indusse il De Santi a spostare la statua all'interno della sua casa o di una chiesa per evitare forme improprie di culto. L'artista l'offrì dunque ai frati di San Cristoforo con tre richieste: di poter essere sepolto a sue spese dinnanzi al luogo dove sarebbe stata collocata la statua, che gli fosse celebrata in perpetuo una messa in suffragio e che gli fosse corrisposta una ingente somma di danaro. I frati accolsero le prime due richieste ma non trovandosi in condizioni economiche adatte per acquistare la statua, intervenne la scuola di San Cristoforo che la comprò per la somma di 150 ducati. Il 18 giugno del 1377 la statua venne solennemente trasportata in chiesa. L'edificio poggiava su deboli fondazioni e per tale ragione nel 1399 venne iniziata un'importante opera di rifacimento finanziata anche da duecento ducati d'oro stanziati dal Maggior Consiglio in data 11 novembre dello stesso anno. Nel 1414 il Consiglio dei Dieci concesse alla chiesa l'uso ufficiale del nome "Madonna dell'Orto", come peraltro ormai già consolidato a livello popolare. Nel 1462 gli Umiliati vennero scacciati con decreto del Consiglio dei Dieci approvato anche dal Pontefice a causa dei "loro depravati costumi". La chiesa venne assegnata alla pia congregazione dei Canonici Regolari di San Giorgio in Alga che venne soppressa nel 1668 Il convento della Madonna dell'Orto passò nel 1669 alla Congregazione dei Monaci Cistercensi provenienti dall'abbazia di San Tommaso dei Borgognoni. Nel 1787 anche i Cistercensi cessarono la loro attività in quel luogo e la chiesa divenne di pubblica amministrazione con a capo un rettore ed alcuni sacerdoti. Nel 1810 venne dichiarata oratorio di San Marziale e nel 1841 il governo austriaco ne ordinò un restauro generale a proprie spese. I restauri della facciata avvennero nel 1845, i lavori per il resto dell'edificio vennero iniziati nel 1855 ma non portati a termine. La chiesa venne poi ceduta ai militari che ne fecero un deposito di paglia e vino. Nel 1864 i lavori di restauro vennero ripresi e terminati nel 1869. Con il decreto patriarcale del 12 luglio 1875 la chiesa venne dichiarata parrocchiale al posto della chiesa di San Marziale che divenne quindi rettoria. Dal 1931 la parrocchia è affidata ai padri della Congregazione di San Giuseppe (padri giuseppini) di San Leonardo Murialdo.
Il Teatro Malibran è un teatro veneziano. È noto soprattutto per la sua importanza in ambito operistico che ebbe tra il XVII e il XVIII secolo, quando portava il nome di Teatro San Giovanni Grisostomo. Fu progettato da Tommaso Bezzi per volere dei fratelli Vincenzo e Giovanni Carlo Grimani; venne costruito al posto della residenza del noto viaggiatore Marco Polo, distrutta ed abbattuta a seguito di un violento incendio verificatosi nel 1597 e fu inaugurato durante il carnevale del 1678 col Vespasiano di Carlo Pallavicino. Diventò subito il principale, il più lussuoso e il più stravagante palcoscenico veneziano. Venivano allestite opere sontuose e si esibivano cantanti di alto livello, come Margherita Durastanti, la quale fu la prima donna tra il 1709 e il 1712. Durante il suo periodo d'oro furono attivi presso questo teatro grandi compositori, come Carlo Francesco Pollarolo, Alessandro Scarlatti e Georg Friedrich Händel. Dagli anni '30 del settecento per il San Giovanni Grisostomo iniziò un lento e inesorabile declino, tuttavia riuscì fino alla metà del settecento a tenere testa a tutti i teatri veneziani. Nel 1737, quando Carlo Goldoni fu posto alla direzione del palcoscenico veneziano, iniziarono ad essere rappresentati anche lavori in prosa (tra questi molti erano sue commedie). Successivamente, a causa della sua notevole grandezza la famiglia Grimani decise nel 1755 di aprire un teatro più piccolo, il San Benedetto. L'apertura di questo nuovo palcoscenico provocò la fine dell'egemonia del San Giovanni che, una volta passato in secondo piano, vide diminuire pian piano il repertorio operistico rappresentatovi. A seguito dell'occupazione francese di Venezia fu fra i pochi teatri veneziani a non dover essere chiuso. Nel 1819 fu venduto alla famiglia di Giovanni Gallo, la quale nel 1834 lo fece restaurare, ribattezzandolo una prima volta Teatro Emeronittio (in quanto aperto sia di giorno che di notte) e poi una seconda volta, nel 1835, Teatro Malibran, in segno di gratitudine verso Maria Malibran, la grande cantante che l'8 aprile di quell'anno, in quel teatro, aveva interpretato La sonnambula rinunciando al suo compenso. Nel 1849, col ritorno degli austriaci a Venezia dopo la famosa resistenza della città lagunare durata quasi un anno, tutti i maggiori teatri del Veneto chiusero per protesta, tranne il Malibran.Dopo essere passato nuovamente di mano nel 1886, fu riaperto nel 1913, ma dopo una stagione lirica fu nuovamente chiuso a causa d'alcuni problemi di sicurezza. Fu riaperto per l'ennesima volta nel 1919 e per tutta quasi tutta la prima metà del secolo fu sempre attivo nella rappresentazione di opere, operette, nonché spettacoli cinematografici. Nel 1992 il Comune di Venezia acquistò il teatro e, dopo averlo restaurato e ampliato, lo rimise in attività. A seguito dell'incendio doloso che nel 1996 distrusse il Teatro La Fenice, l'orchestra di quest'ultimo palcoscenico passò provvisoriamente al Malibran, dove furono allestiti diversi spettacoli che rivalutarono l'antico teatro veneziano, diventato recentemente la seconda sede della Fenice (dopo la riapertura del 2001). Notevolmente ricco di eleganti decorazioni, presentava cinque ordini di trenta palchetti e una platea vuota vasta, e la sua pianta distribuita tutta in lunghezza presentava una grandiosa struttura architettonica. Il Teatro Malibran, situato nel cuore del sestiere di Cannaregio, fu inaugurato per la prima volta nel 1678 e divenne famoso tra i veneziani per tutto il XVII e XVIII secolo. Il comune di Venezia ha acquistato il teatro nel 1992 e dopo quasi un decennio di restauro, il Malibran Theatre ha riaperto i battenti nel maggio 2001 ed è in grado di ospitare fino a 900 persone. Un tempo il teatro più importante di Venezia, il Teatro Malibran condivide ora la fantastica musica classica, il balletto e la stagione lirica con La Fenice. Oltre a questo, il teatro ha anche la sua stagione di musica da camera. Consulta il loro sito Web per i dettagli.
10 Recomendado por los habitantes de la zona
Teatro Malibran
5873 Campiello del Teatro
10 Recomendado por los habitantes de la zona
Il Teatro Malibran è un teatro veneziano. È noto soprattutto per la sua importanza in ambito operistico che ebbe tra il XVII e il XVIII secolo, quando portava il nome di Teatro San Giovanni Grisostomo. Fu progettato da Tommaso Bezzi per volere dei fratelli Vincenzo e Giovanni Carlo Grimani; venne costruito al posto della residenza del noto viaggiatore Marco Polo, distrutta ed abbattuta a seguito di un violento incendio verificatosi nel 1597 e fu inaugurato durante il carnevale del 1678 col Vespasiano di Carlo Pallavicino. Diventò subito il principale, il più lussuoso e il più stravagante palcoscenico veneziano. Venivano allestite opere sontuose e si esibivano cantanti di alto livello, come Margherita Durastanti, la quale fu la prima donna tra il 1709 e il 1712. Durante il suo periodo d'oro furono attivi presso questo teatro grandi compositori, come Carlo Francesco Pollarolo, Alessandro Scarlatti e Georg Friedrich Händel. Dagli anni '30 del settecento per il San Giovanni Grisostomo iniziò un lento e inesorabile declino, tuttavia riuscì fino alla metà del settecento a tenere testa a tutti i teatri veneziani. Nel 1737, quando Carlo Goldoni fu posto alla direzione del palcoscenico veneziano, iniziarono ad essere rappresentati anche lavori in prosa (tra questi molti erano sue commedie). Successivamente, a causa della sua notevole grandezza la famiglia Grimani decise nel 1755 di aprire un teatro più piccolo, il San Benedetto. L'apertura di questo nuovo palcoscenico provocò la fine dell'egemonia del San Giovanni che, una volta passato in secondo piano, vide diminuire pian piano il repertorio operistico rappresentatovi. A seguito dell'occupazione francese di Venezia fu fra i pochi teatri veneziani a non dover essere chiuso. Nel 1819 fu venduto alla famiglia di Giovanni Gallo, la quale nel 1834 lo fece restaurare, ribattezzandolo una prima volta Teatro Emeronittio (in quanto aperto sia di giorno che di notte) e poi una seconda volta, nel 1835, Teatro Malibran, in segno di gratitudine verso Maria Malibran, la grande cantante che l'8 aprile di quell'anno, in quel teatro, aveva interpretato La sonnambula rinunciando al suo compenso. Nel 1849, col ritorno degli austriaci a Venezia dopo la famosa resistenza della città lagunare durata quasi un anno, tutti i maggiori teatri del Veneto chiusero per protesta, tranne il Malibran.Dopo essere passato nuovamente di mano nel 1886, fu riaperto nel 1913, ma dopo una stagione lirica fu nuovamente chiuso a causa d'alcuni problemi di sicurezza. Fu riaperto per l'ennesima volta nel 1919 e per tutta quasi tutta la prima metà del secolo fu sempre attivo nella rappresentazione di opere, operette, nonché spettacoli cinematografici. Nel 1992 il Comune di Venezia acquistò il teatro e, dopo averlo restaurato e ampliato, lo rimise in attività. A seguito dell'incendio doloso che nel 1996 distrusse il Teatro La Fenice, l'orchestra di quest'ultimo palcoscenico passò provvisoriamente al Malibran, dove furono allestiti diversi spettacoli che rivalutarono l'antico teatro veneziano, diventato recentemente la seconda sede della Fenice (dopo la riapertura del 2001). Notevolmente ricco di eleganti decorazioni, presentava cinque ordini di trenta palchetti e una platea vuota vasta, e la sua pianta distribuita tutta in lunghezza presentava una grandiosa struttura architettonica. Il Teatro Malibran, situato nel cuore del sestiere di Cannaregio, fu inaugurato per la prima volta nel 1678 e divenne famoso tra i veneziani per tutto il XVII e XVIII secolo. Il comune di Venezia ha acquistato il teatro nel 1992 e dopo quasi un decennio di restauro, il Malibran Theatre ha riaperto i battenti nel maggio 2001 ed è in grado di ospitare fino a 900 persone. Un tempo il teatro più importante di Venezia, il Teatro Malibran condivide ora la fantastica musica classica, il balletto e la stagione lirica con La Fenice. Oltre a questo, il teatro ha anche la sua stagione di musica da camera. Consulta il loro sito Web per i dettagli.
Il Museo Ebraico di Venezia è un museo diffuso ovvero un complesso urbanistico architettonico e museale che include spazi espositivi e sinagoghe presenti all'interno ed all'esterno del Museo stesso. Si trova nel cuore del sestiere di Cannaregio e vi si accede dal campo del Ghetto Novo, nell'angolo tra le due più antiche sinagoghe di Venezia. Istituito nel 1954 dalla Comunità Ebraica di Venezia, dal 1990 è regolarmente aperto al pubblico con visite guidate, esposizioni permanenti e temporanee. La collezione permanente del museo comprende oggetti rituali e di uso domestico legato alle festività ebraiche, tessuti di addobbo della Torah e della sinagoga[1], una collezione di ketubboth (contratti matrimoniali), una collezione di libri antichi tra cui uno dei primi Talmud stampato da Daniel Bomberg nel 1500. Gli spazi espositivi comprendono: una sala degli argenti dedicata agli oggetti rituali legati alle varie festività ebraiche e agli abbellimenti della Torah (vi sono preziosi esempi di Rimmonim, i puntali dei bastoni su cui si arrotola la Torah, e di Ataroth, le corone della Torah); la seconda sala invece presenta tessuti di addobbo della Sinagoga, come i parochet, tende dell'Aron haQodesh (tra questi particolarmente prezioso è quello di Stella da Perugia del '600) e le Mappoth, tessuti della Torah. Altre 2 sale vengono solitamente adibite a mostre temporanee mentre all'ultimo piano, adiacente all'entrata del matroneo della Scola Canton si può visitare una antica Sukkà oggi restaurata. All'interno del Museo si trovano anche una libreria specializzata in judaica e una caffetteria Kasher. Dal Museo è possibile accedere a due delle cinque Sinagoghe di Venezia: la Scuola Grande Tedesca e la Scola Canton di rito Ashkenazita. Le sinagoghe sono visitabili solo con la visita guidata che prevede anche la visita del Ghetto di Venezia in esterno e di un'altra sinagoga collocata in Ghetto Vecchio nella parte Sefardita del quartiere ebraico.
54 Recomendado por los habitantes de la zona
Jewish Museum of Venice
2902 Campo di Ghetto Nuovo
54 Recomendado por los habitantes de la zona
Il Museo Ebraico di Venezia è un museo diffuso ovvero un complesso urbanistico architettonico e museale che include spazi espositivi e sinagoghe presenti all'interno ed all'esterno del Museo stesso. Si trova nel cuore del sestiere di Cannaregio e vi si accede dal campo del Ghetto Novo, nell'angolo tra le due più antiche sinagoghe di Venezia. Istituito nel 1954 dalla Comunità Ebraica di Venezia, dal 1990 è regolarmente aperto al pubblico con visite guidate, esposizioni permanenti e temporanee. La collezione permanente del museo comprende oggetti rituali e di uso domestico legato alle festività ebraiche, tessuti di addobbo della Torah e della sinagoga[1], una collezione di ketubboth (contratti matrimoniali), una collezione di libri antichi tra cui uno dei primi Talmud stampato da Daniel Bomberg nel 1500. Gli spazi espositivi comprendono: una sala degli argenti dedicata agli oggetti rituali legati alle varie festività ebraiche e agli abbellimenti della Torah (vi sono preziosi esempi di Rimmonim, i puntali dei bastoni su cui si arrotola la Torah, e di Ataroth, le corone della Torah); la seconda sala invece presenta tessuti di addobbo della Sinagoga, come i parochet, tende dell'Aron haQodesh (tra questi particolarmente prezioso è quello di Stella da Perugia del '600) e le Mappoth, tessuti della Torah. Altre 2 sale vengono solitamente adibite a mostre temporanee mentre all'ultimo piano, adiacente all'entrata del matroneo della Scola Canton si può visitare una antica Sukkà oggi restaurata. All'interno del Museo si trovano anche una libreria specializzata in judaica e una caffetteria Kasher. Dal Museo è possibile accedere a due delle cinque Sinagoghe di Venezia: la Scuola Grande Tedesca e la Scola Canton di rito Ashkenazita. Le sinagoghe sono visitabili solo con la visita guidata che prevede anche la visita del Ghetto di Venezia in esterno e di un'altra sinagoga collocata in Ghetto Vecchio nella parte Sefardita del quartiere ebraico.
Palazzo Labia è un edificio barocco del sestiere di Cannaregio a Venezia, costruito tra il XVII ed il XVIII secolo. Nel Salone da ballo Giambattista Tiepolo dipinse uno dei suoi capolavori, il ciclo di affreschi dedicato alle Storie di Antonio e Cleopatra, su commissione dei fratelli Angelo Maria e Paolo Antonio Labia. Affiancato alla Chiesa di San Geremia, l'edificio è situato vicino alla confluenza del Canale di Cannaregio nel Canal Grande, verso i quali rivolge le due facciate più antiche; il terzo prospetto guarda su Campo San Geremia. I Labia, originari della Catalogna, furono iscritti al Patriziato Veneziano nel 1646, dopo aver contribuito con un'ingente somma alla Guerra di Candia. Possedevano infatti enormi ricchezze che spendevano in lussi, feste ed in questo palazzo, iniziato poco dopo quella data. La fortuna e la vita mondana dei Labia ebbero fine nel XIX secolo ed il palazzo fu venduto ad un principe dei Lobkowicz; questi lo cedette alla benefica pia Fondazione israelitica Königsberg, che lo suddivise in vari appartamenti da affittare. Vi trovarono alloggio la sede produttiva ed espositiva della ditta Fratelli Testolini. I Fratelli Testolini attrezzarono il pianterreno per la produzione di mobilia artistica, il mezzanino con i telai per la creazione di damaschi, broccati e velluti, usando invece i piani nobili come zona espositiva e l'ultimo piano per i laboratori di falegnameria e finitura della mobilia. Tra gli ultimi anni dell'800 ed i primi del '900 la Fratelli Testolini dismise i locali del palazzo, che vennero affittati a privati, mantenendo solo la produzione di mobilia al pianterreno. I Testolini lasciarono definitivamente lo stabile quando il palazzo venne messo in vendita negli anni '30. Nel dopoguerra il nuovo proprietario, Carlos de Beistegui, eseguì dei primi importanti restauri e cercò di riportare il palazzo al suo precedente splendore, integrandolo di arredi d'epoca ed opere d'arte. Il 3 settembre 1951 organizzò nel palazzo una tra le più belle feste del secolo: tutta l'alta società internazionale si incontrò nel Salone da ballo in abiti settecenteschi, molti dei quali disegnati da Christian Dior e da un giovane Pierre Cardin. Cecil Beaton ne realizzò un memorabile reportage fotografico: tra i vip presenti vi erano Orson Welles, i Duchi di Windsor, Salvador Dalí, Winston Churchill, l'Aga Khan e il Re Faruq. Nel 1964 De Beistegui cedette all'asta il palazzo alla RAI, che ne fece la sua sede regionale. L'ente effettuò a sua volta accurati restauri, sia all'edificio che alle opere d'arte. Attualmente è ancora la sede regionale della RAI. Dal 2014 al 2016 vi si è svolto il festival internazionale Cartoons on the Bay. Le facciate sui canali, attribuite variamente ad Andrea Cominelli, ad Alessandro Tremignon ed al figlio Paolo, riprendono modelli del Longhena. Presentano un pianterreno dorico bugnato e piani superiori di ordine ionico e corinzio con finestre ornate da mascheroni e balconate continue. Sull'attico sono scolpite le aquile araldiche dei Labia, alternate ad oculi ovali. La facciata sul campo, realizzata intorno al 1730, riprende, semplificandolo, lo stile delle altre due; non è certa l'attribuzione del disegno a Giorgio Massari, che sicuramente aprì all'interno il monumentale Salone da ballo. In questo salone Giambattista Tiepolo dipinse il magnifico ciclo di affreschi dedicato alle Storie di Antonio e Cleopatra (1746-1747), con la quadratura trompe-l'œil di Gerolamo Mengozzi-Colonna, che si integra perfettamente con gli episodi narrativi, dove personaggi sontuosamente vestiti assumono pose teatralmente eloquenti. Nella volta entro un oculo centrale è Bellerofonte su Pegaso va verso la Gloria e l'Eternità, nelle pareti tra figure allegoriche e mitologiche sono presenti le due scene principale l'Incontro tra Antonio e Cleopatra e Banchetto di Antonio e Cleopatra; nella Sala degli Specchi nel soffitto realizza il Trionfo di Zefiro e Flora. Molte altre sale del palazzo sono decorate da interessanti dipinti: vi si trovano opere di Giandomenico Tiepolo, Palma il Giovane, Giambattista Canal, Placido Costanzi, Agostino Masucci, Pompeo Batoni, Gregorio Lazzarini, Gaspare Diziani, Antonio Visentini. Notevole anche un ciclo di arazzi fiamminghi con Storie di Scipione. Questa ricchezza artistica ebbe in Maria Labia una delle principali ispiratrici; si dice che sia stata ritratta in Cleopatra nell'Incontro del Tiepolo.
Palazzo Labia
Campo San Geremia
Palazzo Labia è un edificio barocco del sestiere di Cannaregio a Venezia, costruito tra il XVII ed il XVIII secolo. Nel Salone da ballo Giambattista Tiepolo dipinse uno dei suoi capolavori, il ciclo di affreschi dedicato alle Storie di Antonio e Cleopatra, su commissione dei fratelli Angelo Maria e Paolo Antonio Labia. Affiancato alla Chiesa di San Geremia, l'edificio è situato vicino alla confluenza del Canale di Cannaregio nel Canal Grande, verso i quali rivolge le due facciate più antiche; il terzo prospetto guarda su Campo San Geremia. I Labia, originari della Catalogna, furono iscritti al Patriziato Veneziano nel 1646, dopo aver contribuito con un'ingente somma alla Guerra di Candia. Possedevano infatti enormi ricchezze che spendevano in lussi, feste ed in questo palazzo, iniziato poco dopo quella data. La fortuna e la vita mondana dei Labia ebbero fine nel XIX secolo ed il palazzo fu venduto ad un principe dei Lobkowicz; questi lo cedette alla benefica pia Fondazione israelitica Königsberg, che lo suddivise in vari appartamenti da affittare. Vi trovarono alloggio la sede produttiva ed espositiva della ditta Fratelli Testolini. I Fratelli Testolini attrezzarono il pianterreno per la produzione di mobilia artistica, il mezzanino con i telai per la creazione di damaschi, broccati e velluti, usando invece i piani nobili come zona espositiva e l'ultimo piano per i laboratori di falegnameria e finitura della mobilia. Tra gli ultimi anni dell'800 ed i primi del '900 la Fratelli Testolini dismise i locali del palazzo, che vennero affittati a privati, mantenendo solo la produzione di mobilia al pianterreno. I Testolini lasciarono definitivamente lo stabile quando il palazzo venne messo in vendita negli anni '30. Nel dopoguerra il nuovo proprietario, Carlos de Beistegui, eseguì dei primi importanti restauri e cercò di riportare il palazzo al suo precedente splendore, integrandolo di arredi d'epoca ed opere d'arte. Il 3 settembre 1951 organizzò nel palazzo una tra le più belle feste del secolo: tutta l'alta società internazionale si incontrò nel Salone da ballo in abiti settecenteschi, molti dei quali disegnati da Christian Dior e da un giovane Pierre Cardin. Cecil Beaton ne realizzò un memorabile reportage fotografico: tra i vip presenti vi erano Orson Welles, i Duchi di Windsor, Salvador Dalí, Winston Churchill, l'Aga Khan e il Re Faruq. Nel 1964 De Beistegui cedette all'asta il palazzo alla RAI, che ne fece la sua sede regionale. L'ente effettuò a sua volta accurati restauri, sia all'edificio che alle opere d'arte. Attualmente è ancora la sede regionale della RAI. Dal 2014 al 2016 vi si è svolto il festival internazionale Cartoons on the Bay. Le facciate sui canali, attribuite variamente ad Andrea Cominelli, ad Alessandro Tremignon ed al figlio Paolo, riprendono modelli del Longhena. Presentano un pianterreno dorico bugnato e piani superiori di ordine ionico e corinzio con finestre ornate da mascheroni e balconate continue. Sull'attico sono scolpite le aquile araldiche dei Labia, alternate ad oculi ovali. La facciata sul campo, realizzata intorno al 1730, riprende, semplificandolo, lo stile delle altre due; non è certa l'attribuzione del disegno a Giorgio Massari, che sicuramente aprì all'interno il monumentale Salone da ballo. In questo salone Giambattista Tiepolo dipinse il magnifico ciclo di affreschi dedicato alle Storie di Antonio e Cleopatra (1746-1747), con la quadratura trompe-l'œil di Gerolamo Mengozzi-Colonna, che si integra perfettamente con gli episodi narrativi, dove personaggi sontuosamente vestiti assumono pose teatralmente eloquenti. Nella volta entro un oculo centrale è Bellerofonte su Pegaso va verso la Gloria e l'Eternità, nelle pareti tra figure allegoriche e mitologiche sono presenti le due scene principale l'Incontro tra Antonio e Cleopatra e Banchetto di Antonio e Cleopatra; nella Sala degli Specchi nel soffitto realizza il Trionfo di Zefiro e Flora. Molte altre sale del palazzo sono decorate da interessanti dipinti: vi si trovano opere di Giandomenico Tiepolo, Palma il Giovane, Giambattista Canal, Placido Costanzi, Agostino Masucci, Pompeo Batoni, Gregorio Lazzarini, Gaspare Diziani, Antonio Visentini. Notevole anche un ciclo di arazzi fiamminghi con Storie di Scipione. Questa ricchezza artistica ebbe in Maria Labia una delle principali ispiratrici; si dice che sia stata ritratta in Cleopatra nell'Incontro del Tiepolo.
Situato sul lato sinistro del Campo dei Gesuiti, l’Oratorio dei Crociferi è parte integrante di un edificio medievale caratterizzato dalla semplice struttura a capanna sorto nel XII secolo come ospedale e, fino a pochi anni fa, sede di un ospizio per donne. Il ricovero si colloca tra i primi edifici di questo tipo che sorsero a Venezia, a testimonianza di un modo particolare di provvedere ai bisogni di categorie sociali le più diverse che fu peculiare della Repubblica lagunare. L’Oratorio, oltre ad essere stato luogo di riferimento per l’assistenza, è legato a un significativo episodio artistico del tardo rinascimento veneziano: il ciclo pittorico di Jacopo Palma il Giovane, eseguito tra il 1583 ed il 1592 principalmente per volontà del Doge Pasquale Cicogna. Il ciclo pittorico di Jacopo Palma il Giovane Il ciclo è rilevante poiché costituisce un unicum nel panorama della cultura artistica veneziana del XVI secolo sia perché è l’unico complesso decorativo dell’epoca legato al nome di un solo artista – fatta eccezione per la Scuola di San Rocco decorata dal Tintoretto –, sia perché attesta uno dei momenti più felici dell’intensa produzione del Palma nella quale vengono rappresentati alcuni tra gli avvenimenti più salienti della storia dei Crociferi. L’Oratorio dei Crociferi è stato riaperto al pubblico nell’ottobre del 1984 dopo quasi vent’anni di forzata chiusura dovuta ai danni provocati dall’alluvione del 4 novembre 1966. Il lungo e minuzioso intervento di recupero venne promosso dall’UNESCO e finanziato, insieme all’IRE, da una sinergia di comitati internazionali per la salvaguardia di Venezia: Venice in Peril Fund (Inghilterra), Pro Venezia (Svezia), Stichting Nederlands Comité Venetie (Olanda), Friends of Venice (Dallas Texas).
Oratory of Crociferi
4904 Campo dei Gesuiti
Situato sul lato sinistro del Campo dei Gesuiti, l’Oratorio dei Crociferi è parte integrante di un edificio medievale caratterizzato dalla semplice struttura a capanna sorto nel XII secolo come ospedale e, fino a pochi anni fa, sede di un ospizio per donne. Il ricovero si colloca tra i primi edifici di questo tipo che sorsero a Venezia, a testimonianza di un modo particolare di provvedere ai bisogni di categorie sociali le più diverse che fu peculiare della Repubblica lagunare. L’Oratorio, oltre ad essere stato luogo di riferimento per l’assistenza, è legato a un significativo episodio artistico del tardo rinascimento veneziano: il ciclo pittorico di Jacopo Palma il Giovane, eseguito tra il 1583 ed il 1592 principalmente per volontà del Doge Pasquale Cicogna. Il ciclo pittorico di Jacopo Palma il Giovane Il ciclo è rilevante poiché costituisce un unicum nel panorama della cultura artistica veneziana del XVI secolo sia perché è l’unico complesso decorativo dell’epoca legato al nome di un solo artista – fatta eccezione per la Scuola di San Rocco decorata dal Tintoretto –, sia perché attesta uno dei momenti più felici dell’intensa produzione del Palma nella quale vengono rappresentati alcuni tra gli avvenimenti più salienti della storia dei Crociferi. L’Oratorio dei Crociferi è stato riaperto al pubblico nell’ottobre del 1984 dopo quasi vent’anni di forzata chiusura dovuta ai danni provocati dall’alluvione del 4 novembre 1966. Il lungo e minuzioso intervento di recupero venne promosso dall’UNESCO e finanziato, insieme all’IRE, da una sinergia di comitati internazionali per la salvaguardia di Venezia: Venice in Peril Fund (Inghilterra), Pro Venezia (Svezia), Stichting Nederlands Comité Venetie (Olanda), Friends of Venice (Dallas Texas).
La fondamenta degli ormesini è uno dei luoghi più tipici e vivi di tuttà la città. Qui potrete trovare una miriade di diversi bacari ( tipici bar veneziani ) dove potrete godervi una serata allegra
35 Recomendado por los habitantes de la zona
Fondamenta Dei Ormesini
Fondamenta dei Ormesini
35 Recomendado por los habitantes de la zona
La fondamenta degli ormesini è uno dei luoghi più tipici e vivi di tuttà la città. Qui potrete trovare una miriade di diversi bacari ( tipici bar veneziani ) dove potrete godervi una serata allegra

Dove mangiare a Cannaregio

Il sestiere di Cannaregio è incredibilmente pieno di locali tipici e bacari dove potrete oltre che ad un'ottima cena, degustare un aperitivo dopo una giornata passata in giro per la città, ovviamente in un contesto unico al mondo.
Locale tipico veneziano lungo il Rio de Cannaregio , offre piatti tipici di pesce ad un prezzo moderato considerando gli standard di Venezia, pur mantendo una qualità ed un servizio più che soddisfacenti
37 Recomendado por los habitantes de la zona
Casa Bonita
492 Cannaregio
37 Recomendado por los habitantes de la zona
Locale tipico veneziano lungo il Rio de Cannaregio , offre piatti tipici di pesce ad un prezzo moderato considerando gli standard di Venezia, pur mantendo una qualità ed un servizio più che soddisfacenti
Locale tipico veneziano dai prezzi moderati. Ottimo il cibo e la qualità del servizio, il contesto è eccezionale
23 Recomendado por los habitantes de la zona
OSTERIA Al Bacco
3054 Cannaregio
23 Recomendado por los habitantes de la zona
Locale tipico veneziano dai prezzi moderati. Ottimo il cibo e la qualità del servizio, il contesto è eccezionale
La taverna Al Remer è uno dei locali a mio parere più tipici di tutta Venezia, i prezzi sono modici e potrete usufruire di un magnifico campiello con pozzo che da sul canal grande
6 Recomendado por los habitantes de la zona
Taverna al Remer
5701 Roma de L'oca
6 Recomendado por los habitantes de la zona
La taverna Al Remer è uno dei locali a mio parere più tipici di tutta Venezia, i prezzi sono modici e potrete usufruire di un magnifico campiello con pozzo che da sul canal grande
Tipica osteria con possibilità di cenare a fianco del canale, propongono deliziosi piatti di cucina tipica veneziana
83 Recomendado por los habitantes de la zona
Osteria Anice Stellato
3272 Fondamenta de la Sensa
83 Recomendado por los habitantes de la zona
Tipica osteria con possibilità di cenare a fianco del canale, propongono deliziosi piatti di cucina tipica veneziana
Osteria tipica in Rio terà San Leonardo, ideale per aperitivi e cicchetti molto buoni a prezzo modici, consigliatissima
17 Recomendado por los habitantes de la zona
Ciccheteria venexiana da Luca e Fred
1518 Cannaregio
17 Recomendado por los habitantes de la zona
Osteria tipica in Rio terà San Leonardo, ideale per aperitivi e cicchetti molto buoni a prezzo modici, consigliatissima
Cucina veneta a base di pesce, incluse ricette senza glutine, in un'ex rimessa per barche del '500. Qui potrete assaporare cibi e ricette veneziane preparate secondo gli antichi dettami. La qualità del servizio e delle pietanze fanno di questo posto uno dei migliori di Venezia. I prezzi sono medio-alti ma ne vale la pena
7 Recomendado por los habitantes de la zona
Ristorante Vecia Cavana
4624 Via Tera Santi Apostoli
7 Recomendado por los habitantes de la zona
Cucina veneta a base di pesce, incluse ricette senza glutine, in un'ex rimessa per barche del '500. Qui potrete assaporare cibi e ricette veneziane preparate secondo gli antichi dettami. La qualità del servizio e delle pietanze fanno di questo posto uno dei migliori di Venezia. I prezzi sono medio-alti ma ne vale la pena

Sestiere di San Marco

Il sestiere di San Marco è il quartiere centrale della città, ospita le botique piu prestigiose e dei palazzi più lussuosi ed importanti. In alta stagione e non solo è spesso molto affollato ma resta sempre uno dei sestieri più affascinanti e belli di Venezia
179 Recomendado por los habitantes de la zona
San Marco
179 Recomendado por los habitantes de la zona
Il sestiere di San Marco è il quartiere centrale della città, ospita le botique piu prestigiose e dei palazzi più lussuosi ed importanti. In alta stagione e non solo è spesso molto affollato ma resta sempre uno dei sestieri più affascinanti e belli di Venezia

Visite turistiche a San Marco

Il sestiere di San Marco è sede di moltissimi luoghi di interesse storico e culturale
Piazza San Marco è la piazza centrale della città, sede del palazzo ducale e della basilica da cui prende il nome. Piazza San Marco è l’unica area denominata piazza nella laguna. Tutte le altre zone con questa forma sono chiamati “campi”. La struttura della piazza è formata da tre aree: la Piazza, la Piazzetta San Marco e la Piazzetta dei Leoncini. La Piazza propriamente detta è compresa tra le Procuratie Napoleoniche, Vecchie e Nuove. L’imponenza della Basilica sull’area, accompagnata dalla figura svettante del Campanile offre uno spettacolo architettonico davvero suggestivo. La Piazzetta San Marco è il prolungamento dello spazio antistante Palazzo Ducale, dove è edificata la Libreria. E’ la prima immagine che si ha dell’area marciana per chi giunge dal mare, incorniciata dalle due enormi colonne. Il Bacino San Marco è il pezzo di laguna sul quale si affaccia il molo del Palazzo Ducale. La Piazzetta dei Leoncini è l’area a sinistra della Basilica di San Marco e prende il suo nome dalle due statue che delimitano l’area sopra elevata. Da sempre destinazione preferita di tutti i turisti in visita a Venezia, Piazza San Marco condivide da sempre il suo destino con quello della vicina Basilica di San Marco. L’attuale forma della piazza, infatti, è figlia dei continui lavori che quest’area ha subito nel corso dei secoli. Originariamente la zona era un grande orto attraversato dal rio Batario, che congiungeva il rio del Cavalletto e quello della Zecca. Il Palazzo Ducale, che allora aveva la forma del castello medioevale con alte torri a difesa delle mura, era completamente cinto da un canale che ne proteggeva l’accesso. Nella zona dell’attuale piazzetta vi era un bacino adibito per il carico e lo scarico delle merci. Con l’avvio dell’edificazione della Basilica, in seguito all’arrivo delle reliquie di San Marco nell’828, l’area si avvia a diventare il centro delle attività di politiche e sociali di Venezia. Il terribile incendio del 976 distrusse quasi completamente la Basilica e tutta l’area attorno al Palazzo subì gravissimi danni. Ma l’importanza della Chiesa e del centro della città fece optare per una rapida serie di lavori che in soli due anni permisero la riedificazione della Basilica e la ricostruzione del Castello. Un significativo cambiamento della topografia della piazza si avrà nel 1156 quando per decisione del Doge Viatale II Michiel, il rio Batario fu interrato. Poco dopo anche lo spazio antistante il Palazzo seguì la stessa sorte e fu realizzata la Piazzetta. Con i lavori del 1172 fu realizzato l’ampliamento della piazza per dare la possibilità di costruire nuovi edifici. La nuova Piazza San Marco fu delimitata dall’antica Chiesa di San Geminiano e dalle due monumentali colonne che costituiscono l’ingresso per l’area marciana. Per avere la pavimentazione a spina di pesce della piazza bisognerà attendere il 1264, esattamente sessant’anni dopo l’arrivo dei Cavalli di San Marco e la statua dei Tetrachi, realizzati in seguito alla grande disponibilità di marmo derivante dalla presa di Costantinopoli con la Quarta Crociata. Dal 1495 al 1517 furono erette le “Procuratie Vecchie” così chiamate perché vi alloggiavano i Procuratori di san Marco. L’imponente struttura lunga 152 metri è costituita di un portico di 50 arcate e 100 finestre. In questi anni fu anche costruita la Torre dell’Orologio, che delimita un lato della costruzione. Nello stesso periodo si avviò lo sgombero dei magazzini e degli orti che ancora occupavano l’aria della piazza. Successivamente, Jacopo Tatti, detto il Sansovino, costruì la Loggetta e il bellissimo edificio della Libreria. I lavori di rinnovamento della piazza procedettero fino al 1640, quando furono erette le “Procuratie Nuove”. Il completamento dell’area marciana si ebbe nel 1807, quando sotto la dominazione napoleonica, fu abbattuta la Chiesa di San Geminiano e furono costruite le Procuratie Nuovissime, meglio come conosciute come l'”Ala Napoleonica”, che delimita l’altra estremità delle “Procuratie Vecchie”. In precedenza erano state poste le due statue nella Piazzetta dei Leoncini e posta la pavimentazione in marmo bianco. Nel 1902 il Campanile di San Marco cedette improvvisamente distruggendo la Loggetta ed una parte della Libreria. Per un puro caso le macerie del campanile non travolsero anche la Basilica di San Marco. La ricostruzione fu avviata e conclusa in tempi molto brevi, utilizzando gli stessi calcinacci, ancora in buone condizioni.
344 Recomendado por los habitantes de la zona
Piazza San Marco
344 Recomendado por los habitantes de la zona
Piazza San Marco è la piazza centrale della città, sede del palazzo ducale e della basilica da cui prende il nome. Piazza San Marco è l’unica area denominata piazza nella laguna. Tutte le altre zone con questa forma sono chiamati “campi”. La struttura della piazza è formata da tre aree: la Piazza, la Piazzetta San Marco e la Piazzetta dei Leoncini. La Piazza propriamente detta è compresa tra le Procuratie Napoleoniche, Vecchie e Nuove. L’imponenza della Basilica sull’area, accompagnata dalla figura svettante del Campanile offre uno spettacolo architettonico davvero suggestivo. La Piazzetta San Marco è il prolungamento dello spazio antistante Palazzo Ducale, dove è edificata la Libreria. E’ la prima immagine che si ha dell’area marciana per chi giunge dal mare, incorniciata dalle due enormi colonne. Il Bacino San Marco è il pezzo di laguna sul quale si affaccia il molo del Palazzo Ducale. La Piazzetta dei Leoncini è l’area a sinistra della Basilica di San Marco e prende il suo nome dalle due statue che delimitano l’area sopra elevata. Da sempre destinazione preferita di tutti i turisti in visita a Venezia, Piazza San Marco condivide da sempre il suo destino con quello della vicina Basilica di San Marco. L’attuale forma della piazza, infatti, è figlia dei continui lavori che quest’area ha subito nel corso dei secoli. Originariamente la zona era un grande orto attraversato dal rio Batario, che congiungeva il rio del Cavalletto e quello della Zecca. Il Palazzo Ducale, che allora aveva la forma del castello medioevale con alte torri a difesa delle mura, era completamente cinto da un canale che ne proteggeva l’accesso. Nella zona dell’attuale piazzetta vi era un bacino adibito per il carico e lo scarico delle merci. Con l’avvio dell’edificazione della Basilica, in seguito all’arrivo delle reliquie di San Marco nell’828, l’area si avvia a diventare il centro delle attività di politiche e sociali di Venezia. Il terribile incendio del 976 distrusse quasi completamente la Basilica e tutta l’area attorno al Palazzo subì gravissimi danni. Ma l’importanza della Chiesa e del centro della città fece optare per una rapida serie di lavori che in soli due anni permisero la riedificazione della Basilica e la ricostruzione del Castello. Un significativo cambiamento della topografia della piazza si avrà nel 1156 quando per decisione del Doge Viatale II Michiel, il rio Batario fu interrato. Poco dopo anche lo spazio antistante il Palazzo seguì la stessa sorte e fu realizzata la Piazzetta. Con i lavori del 1172 fu realizzato l’ampliamento della piazza per dare la possibilità di costruire nuovi edifici. La nuova Piazza San Marco fu delimitata dall’antica Chiesa di San Geminiano e dalle due monumentali colonne che costituiscono l’ingresso per l’area marciana. Per avere la pavimentazione a spina di pesce della piazza bisognerà attendere il 1264, esattamente sessant’anni dopo l’arrivo dei Cavalli di San Marco e la statua dei Tetrachi, realizzati in seguito alla grande disponibilità di marmo derivante dalla presa di Costantinopoli con la Quarta Crociata. Dal 1495 al 1517 furono erette le “Procuratie Vecchie” così chiamate perché vi alloggiavano i Procuratori di san Marco. L’imponente struttura lunga 152 metri è costituita di un portico di 50 arcate e 100 finestre. In questi anni fu anche costruita la Torre dell’Orologio, che delimita un lato della costruzione. Nello stesso periodo si avviò lo sgombero dei magazzini e degli orti che ancora occupavano l’aria della piazza. Successivamente, Jacopo Tatti, detto il Sansovino, costruì la Loggetta e il bellissimo edificio della Libreria. I lavori di rinnovamento della piazza procedettero fino al 1640, quando furono erette le “Procuratie Nuove”. Il completamento dell’area marciana si ebbe nel 1807, quando sotto la dominazione napoleonica, fu abbattuta la Chiesa di San Geminiano e furono costruite le Procuratie Nuovissime, meglio come conosciute come l'”Ala Napoleonica”, che delimita l’altra estremità delle “Procuratie Vecchie”. In precedenza erano state poste le due statue nella Piazzetta dei Leoncini e posta la pavimentazione in marmo bianco. Nel 1902 il Campanile di San Marco cedette improvvisamente distruggendo la Loggetta ed una parte della Libreria. Per un puro caso le macerie del campanile non travolsero anche la Basilica di San Marco. La ricostruzione fu avviata e conclusa in tempi molto brevi, utilizzando gli stessi calcinacci, ancora in buone condizioni.
Venezia ha avuto ed ha una lunga storia, percorsa da trionfi e sconfitte di guerra, grandi ed importanti battaglie vinte e perse in uno scenario di potere e ricchezza tra nobili e mercanti durante il ‘700. Una vera potenza militare – navale che doveva essere gestita saggiamente ed attentamente. Come in molti sanno il Doge ed il Maggior Consiglio avevano questo importante compito, ma dove risiedevano i Dogi Veneziani? Scopriamo il Palazzo Ducale di Venezia nel dettaglio e come questo Palazzo dall’architettura unica abbia ospitato uomini che hanno creato la storia di Venezia. Il Palazzo Ducale è strutturato in tre diversi blocchi che uniti tra loro fanno di questa struttura una sorta di castello. Le aree principali: l’ala verso il Bacino di San Marco, la più antica sede costruita nel 1340; l’ala verso Piazza San Marco, conosciuta anche come Palazzo di Giustizia; l’ala rinascimentale costruita tra gli anni 1483 e 1565 anch’essa parte della residenza del Doge e di importanti uffici del governo. All’interno del Palazzo Ducale una miriade di stanze di diversa metratura ed ognuna con un proprio esclusivo stile accolgono oggi il Visitatore, addentrandosi tra sale comuni, private, camere della tortura e soprattutto la celeberrima sala dei Dogi, che meglio descriveremo successivamente. Prima del Palazzo Ducale sorgeva un antico castello (sec. X-XI); non esistendo documentazione storica su come fu costruito si ipotizza che il suo ingresso fosse situato nel cortile interno del palazzo attuale, probabilmente dove ora è situata la Porta delle Carta e che fosse difeso da alte e grandi mura. La sua fine rimane ancor oggi un mistero. In quel periodo il più grande pericolo era rappresentato dal fuoco, essendo la maggior parte degli edifici costruiti in legno. Anche il Palazzo Ducale fu colpito da un disastroso incendio, che lo devastò rendendolo irrecuperabile. Tra il 1172 ed il 1178 il Doge Ziani decise di ricostruirlo con la creazione delle 2 nuove ali di cui parlavamo poc’anzi, l’ala verso Piazza San Marco e quella verso il Bacino di San Marco. Questa decisione fu un importante atto politico del Doge Ziani, in quanto con la grande espansione del dominio di Venezia sulle terre allora conosciute era necessaria un maggiore coinvolgimento del Popolo. Infatti l’ala verso la Piazza, diventò nel tempo teatro di comizi e manifestazioni. Successivamente il Doge Bartolomeo Gradenigo (1339 – 1343), ampliò ulteriormente il palazzo, in quanto le riunioni del Consiglio risultavano sempre più affollate. Dal 1343 fino al 1574 il Palazzo Ducale fu oggetto di ulteriori e numerosi incendi, da ricordare quello immane del 1577 che coinvolse la Sala del Consiglio con i dipinti di famosi artisti quali Tiziano, Bellini, Carpaccio, solo per citarne alcuni. Un vero e proprio disastro, dato che solamente pochi anni prima un’altro devastante incendio, nel 1574 distrusse la Sala del Collegio ed il Senato, fortunatamente senza danneggiare troppo le strutture portanti del Palazzo. In sostanza, come già detto, il Fuoco per Venezia in quegli anni fu il peggior Nemico. Negli anni successivi il Palazzo Ducale non fu interessato da importanti cambiamenti, salvo l’ampliamento delle prigioni che appunto divennero Prigioni Nuove, di seguito descritte. Nel seicento, il Palazzo fu interessato da numerose opere di ampliamento e consolidamento, grazie anche al potere marittimo di Venezia che in quegli anni acquisiva sempre maggior spessore . Non era soltanto la Residenza del Doge, bensì teatro di molteplici attività; il Maggior Consiglio durante le riunioni prendeva importanti decisioni istituzionali e nel contempo dai piani inferiori si potevano udire le urla di dolore dei carcerati sottoposti ad ogni tipo di tortura nelle prigioni. Nella seconda metà del ‘600 Antonio Da Ponte, decise la costruzione delle Prigioni Nuove. Il progetto era semplice, cioè creare un luogo dove detenere i criminali, esterno al palazzo ma a pochi passi. Le Prigioni Nuove, ancor oggi visitabili, sono collegate attraverso il celeberrimo Ponte dei Sospiri. Esse ospitarono pure Casanova, famosissimo per il suo successo con le Donne del tempo ma anche per la sua rocambolesca evasione a bordo di una gondola. Il Palazzo Ducale dispone di numerose e bellissime sale, classificabili in due grandi aree: le Sale Istituzionali, accessibili ai membri del Maggior Consiglio ed utilizzate per il governo di Venezia, e le Sale private del Doge; di seguito l’elenco: SALE PRIVATE DEL DOGE Sala degli Scarlatti Sala dello Scudo Sala Grimani Sala Erizzo Sala degli Stucchi o Priuli Sala dei Filosofi Sala Corner Sala dei Ritratti Sala degli Scudier Scala d’Oro SALE ISTITUZIONALI Sala della Quarantia Civil Vecchia Sala del Guariento Sala del Maggior Consiglio Sala dello Scrutinio Sala della Quarantia Criminale Sala dei Cuoi Sala del Magistrato alle Leggi
429 Recomendado por los habitantes de la zona
Doge's Palace
1 P.za San Marco
429 Recomendado por los habitantes de la zona
Venezia ha avuto ed ha una lunga storia, percorsa da trionfi e sconfitte di guerra, grandi ed importanti battaglie vinte e perse in uno scenario di potere e ricchezza tra nobili e mercanti durante il ‘700. Una vera potenza militare – navale che doveva essere gestita saggiamente ed attentamente. Come in molti sanno il Doge ed il Maggior Consiglio avevano questo importante compito, ma dove risiedevano i Dogi Veneziani? Scopriamo il Palazzo Ducale di Venezia nel dettaglio e come questo Palazzo dall’architettura unica abbia ospitato uomini che hanno creato la storia di Venezia. Il Palazzo Ducale è strutturato in tre diversi blocchi che uniti tra loro fanno di questa struttura una sorta di castello. Le aree principali: l’ala verso il Bacino di San Marco, la più antica sede costruita nel 1340; l’ala verso Piazza San Marco, conosciuta anche come Palazzo di Giustizia; l’ala rinascimentale costruita tra gli anni 1483 e 1565 anch’essa parte della residenza del Doge e di importanti uffici del governo. All’interno del Palazzo Ducale una miriade di stanze di diversa metratura ed ognuna con un proprio esclusivo stile accolgono oggi il Visitatore, addentrandosi tra sale comuni, private, camere della tortura e soprattutto la celeberrima sala dei Dogi, che meglio descriveremo successivamente. Prima del Palazzo Ducale sorgeva un antico castello (sec. X-XI); non esistendo documentazione storica su come fu costruito si ipotizza che il suo ingresso fosse situato nel cortile interno del palazzo attuale, probabilmente dove ora è situata la Porta delle Carta e che fosse difeso da alte e grandi mura. La sua fine rimane ancor oggi un mistero. In quel periodo il più grande pericolo era rappresentato dal fuoco, essendo la maggior parte degli edifici costruiti in legno. Anche il Palazzo Ducale fu colpito da un disastroso incendio, che lo devastò rendendolo irrecuperabile. Tra il 1172 ed il 1178 il Doge Ziani decise di ricostruirlo con la creazione delle 2 nuove ali di cui parlavamo poc’anzi, l’ala verso Piazza San Marco e quella verso il Bacino di San Marco. Questa decisione fu un importante atto politico del Doge Ziani, in quanto con la grande espansione del dominio di Venezia sulle terre allora conosciute era necessaria un maggiore coinvolgimento del Popolo. Infatti l’ala verso la Piazza, diventò nel tempo teatro di comizi e manifestazioni. Successivamente il Doge Bartolomeo Gradenigo (1339 – 1343), ampliò ulteriormente il palazzo, in quanto le riunioni del Consiglio risultavano sempre più affollate. Dal 1343 fino al 1574 il Palazzo Ducale fu oggetto di ulteriori e numerosi incendi, da ricordare quello immane del 1577 che coinvolse la Sala del Consiglio con i dipinti di famosi artisti quali Tiziano, Bellini, Carpaccio, solo per citarne alcuni. Un vero e proprio disastro, dato che solamente pochi anni prima un’altro devastante incendio, nel 1574 distrusse la Sala del Collegio ed il Senato, fortunatamente senza danneggiare troppo le strutture portanti del Palazzo. In sostanza, come già detto, il Fuoco per Venezia in quegli anni fu il peggior Nemico. Negli anni successivi il Palazzo Ducale non fu interessato da importanti cambiamenti, salvo l’ampliamento delle prigioni che appunto divennero Prigioni Nuove, di seguito descritte. Nel seicento, il Palazzo fu interessato da numerose opere di ampliamento e consolidamento, grazie anche al potere marittimo di Venezia che in quegli anni acquisiva sempre maggior spessore . Non era soltanto la Residenza del Doge, bensì teatro di molteplici attività; il Maggior Consiglio durante le riunioni prendeva importanti decisioni istituzionali e nel contempo dai piani inferiori si potevano udire le urla di dolore dei carcerati sottoposti ad ogni tipo di tortura nelle prigioni. Nella seconda metà del ‘600 Antonio Da Ponte, decise la costruzione delle Prigioni Nuove. Il progetto era semplice, cioè creare un luogo dove detenere i criminali, esterno al palazzo ma a pochi passi. Le Prigioni Nuove, ancor oggi visitabili, sono collegate attraverso il celeberrimo Ponte dei Sospiri. Esse ospitarono pure Casanova, famosissimo per il suo successo con le Donne del tempo ma anche per la sua rocambolesca evasione a bordo di una gondola. Il Palazzo Ducale dispone di numerose e bellissime sale, classificabili in due grandi aree: le Sale Istituzionali, accessibili ai membri del Maggior Consiglio ed utilizzate per il governo di Venezia, e le Sale private del Doge; di seguito l’elenco: SALE PRIVATE DEL DOGE Sala degli Scarlatti Sala dello Scudo Sala Grimani Sala Erizzo Sala degli Stucchi o Priuli Sala dei Filosofi Sala Corner Sala dei Ritratti Sala degli Scudier Scala d’Oro SALE ISTITUZIONALI Sala della Quarantia Civil Vecchia Sala del Guariento Sala del Maggior Consiglio Sala dello Scrutinio Sala della Quarantia Criminale Sala dei Cuoi Sala del Magistrato alle Leggi
La Basilica di San Marco è l’incantevole costruzione che rappresenta la magnificenza della Repubblica di Venezia, durante i mille anni di vita della Serenissima. Con i suoi monumentali archi che si aggettano su Piazza San Marco viene denominata la Basilica d'oro, per gli oltre mille metri quadrati di tessere di mosaico fatte con la foglia d'oro di cui è rivestita. Essa fu costruita per essere la Cappella Ducale, ovvero la cappella privata del Doge. Nel tempo, la Basilica subì numerose modifiche, a partire dalla primaria costruzione in mattoni. Nell’ 828 Giustiniano Partecipazio gettò le fondamenta della Basilica di San Marco - lì dove precedentemente si ergeva l'oratorio della Chiesa dedicata a San Teodoro - dopo che il corpo dell'Evangelista Marco fu trasportato da Alessandria a Venezia; scelsero, quindi, come protettore della Città, il Santo latino in luogo del Santo greco. Il Leone Alato divenne il simbolo ufficiale della Repubblica. Purtroppo, la costruzione prese fuoco nel 976, ma fu subito riedificata dal Doge Pietro Orseolo I. Nel 1043 Domenico Contarini portò avanti i lavori, che si conclusero nel 1071, con Domenico Selvo. Infine, Vitale Falier consacrò solennemente la Basilica nel 1094. Nel 1145 un altro incendio si sviluppò all'interno della struttura, distruggendo parte della decorazione alta dell'edificio. La Chiesa, quindi, fu restaurata e venne rivestita di marmi. Questa operazione si concluse probabilmente solo dopo il 1159, quando iniziò anche un programma di ampliamento della decorazione musiva. Vennero eliminati gli affreschi e la Chiesa fu totalmente decorata da mosaici. L'atrio, invece, venne ricoperto solo intorno al XIII secolo. Gli architetti sono considerati ignoti, tuttavia lo stile che predomina è il greco-bizantino, con qualche mescolanza di arabo e tedesco. La Chiesa rimase la Cappella Ducale fino al 1807, anno in cui divenne Cattedrale, a seguito dell’editto di Napoleone. Contenendo le spoglie del Santo dal 828, a seguito della sua consacrazione nel 1094, la Basilica di San Marco divenne il fulcro della rinascita dei veneziani che, vantando la sepoltura dell’Evangelista, assunsero un ruolo di primo piano nella tradizione cattolica e diventarono, quindi, artefici delle vicende storiche dell’epoca. Parteciparono, infatti, alle varie Crociate e, inoltre, concentrarono parte delle proprie energie nei commerci con l’oriente, con i quali poterono finanziare in Patria la costruzione di più edifici sacri. Il commercio fu, senz’altro, la grande forza della città. Tutti gli sforzi bellici e diplomatici avevano un fine economico predeterminato. Per di più, le guerre e le conquiste portarono a Venezia una straordinaria cultura artistica. Non a caso la Basilica di San Marco subì le influenze dei monumenti di Costantinopoli, riuscendo a fondere la tradizione classica ellenistica con il pensiero romano della nuova cultura paleocristiana. Solo poche città al mondo possono vantare il privilegio di possedere un così cospicuo numero di Mosaici Medievali. Pavia, Reggio Emilia, Lione, Reims e Colonia conservano solo piccoli frammenti dei loro pavimenti di epoca medievale. Con il progressivo aumento dei commerci con l’Oriente, grazie alla capacità negoziale dei veneziani ed il conseguente arricchimento dei commercianti locali, anche la Basilica di San Marco si allargò, si abbellì con i marmi provenienti dalle sponde dell’Egeo e si impreziosì grazie ai numerosi trofei di guerra delle varie campagne orientali, tra i quali le due Colonne d’Acri che si ergono dietro la parete sud della Basilica, verso la Piazzetta San Marco. Anche i primi Mosaici di San Marco sono opera di mosaicisti orientali che sono stati condotti a Venezia allo scopo di portare alla Città la manodopera specializzata dell’Egeo. Solo la Basilica di San Marco ha un mosaico che celebra sé stessa, eseguito nel XIII secolo, si trova sopra l’arco nord della facciata principale, il mosaico del Portale di Sant'Alipio. Consiglio di visitare anche la terrazza che copre tutta la lunghezza della Basilica e si affaccia su Piazza San Marco, da cui è possibile ammirare nella sua interezza. Dalla terrazza si ha una visione del tutto particolare anche della Torre dell'Orologio. Nel percorso di accesso alla stessa sono in mostra arazzi e stoffe preziose, nonché gli originali della Quadriga di Cavalli di San Marco, la cui copia sovrasta la porta principale di accesso alla Basilica. Infatti, i quattro cavalli si trovano riparati dagli agenti atmosferici per preservarne l’integrità. Il camminamento permette di ammirare tre dei lati della Basilica, la Piazza San Marco, la Piazzetta San Marco e la Piazzetta dei Leoncini. Infine, sul prospetto sud è ammirabile uno splendido mosaico raffigurante la Madonna col Bambino, popolarmente conosciuta come la Madonna del Fornareto, sotto la quale viene mantenuto acceso un lume a ricordo del “fornareto” – ovvero il giovane fornaio - giustiziato innocente per un omicidio che non aveva commesso.
211 Recomendado por los habitantes de la zona
Tesoro de la Basílica de San Marcos
328 P.za San Marco
211 Recomendado por los habitantes de la zona
La Basilica di San Marco è l’incantevole costruzione che rappresenta la magnificenza della Repubblica di Venezia, durante i mille anni di vita della Serenissima. Con i suoi monumentali archi che si aggettano su Piazza San Marco viene denominata la Basilica d'oro, per gli oltre mille metri quadrati di tessere di mosaico fatte con la foglia d'oro di cui è rivestita. Essa fu costruita per essere la Cappella Ducale, ovvero la cappella privata del Doge. Nel tempo, la Basilica subì numerose modifiche, a partire dalla primaria costruzione in mattoni. Nell’ 828 Giustiniano Partecipazio gettò le fondamenta della Basilica di San Marco - lì dove precedentemente si ergeva l'oratorio della Chiesa dedicata a San Teodoro - dopo che il corpo dell'Evangelista Marco fu trasportato da Alessandria a Venezia; scelsero, quindi, come protettore della Città, il Santo latino in luogo del Santo greco. Il Leone Alato divenne il simbolo ufficiale della Repubblica. Purtroppo, la costruzione prese fuoco nel 976, ma fu subito riedificata dal Doge Pietro Orseolo I. Nel 1043 Domenico Contarini portò avanti i lavori, che si conclusero nel 1071, con Domenico Selvo. Infine, Vitale Falier consacrò solennemente la Basilica nel 1094. Nel 1145 un altro incendio si sviluppò all'interno della struttura, distruggendo parte della decorazione alta dell'edificio. La Chiesa, quindi, fu restaurata e venne rivestita di marmi. Questa operazione si concluse probabilmente solo dopo il 1159, quando iniziò anche un programma di ampliamento della decorazione musiva. Vennero eliminati gli affreschi e la Chiesa fu totalmente decorata da mosaici. L'atrio, invece, venne ricoperto solo intorno al XIII secolo. Gli architetti sono considerati ignoti, tuttavia lo stile che predomina è il greco-bizantino, con qualche mescolanza di arabo e tedesco. La Chiesa rimase la Cappella Ducale fino al 1807, anno in cui divenne Cattedrale, a seguito dell’editto di Napoleone. Contenendo le spoglie del Santo dal 828, a seguito della sua consacrazione nel 1094, la Basilica di San Marco divenne il fulcro della rinascita dei veneziani che, vantando la sepoltura dell’Evangelista, assunsero un ruolo di primo piano nella tradizione cattolica e diventarono, quindi, artefici delle vicende storiche dell’epoca. Parteciparono, infatti, alle varie Crociate e, inoltre, concentrarono parte delle proprie energie nei commerci con l’oriente, con i quali poterono finanziare in Patria la costruzione di più edifici sacri. Il commercio fu, senz’altro, la grande forza della città. Tutti gli sforzi bellici e diplomatici avevano un fine economico predeterminato. Per di più, le guerre e le conquiste portarono a Venezia una straordinaria cultura artistica. Non a caso la Basilica di San Marco subì le influenze dei monumenti di Costantinopoli, riuscendo a fondere la tradizione classica ellenistica con il pensiero romano della nuova cultura paleocristiana. Solo poche città al mondo possono vantare il privilegio di possedere un così cospicuo numero di Mosaici Medievali. Pavia, Reggio Emilia, Lione, Reims e Colonia conservano solo piccoli frammenti dei loro pavimenti di epoca medievale. Con il progressivo aumento dei commerci con l’Oriente, grazie alla capacità negoziale dei veneziani ed il conseguente arricchimento dei commercianti locali, anche la Basilica di San Marco si allargò, si abbellì con i marmi provenienti dalle sponde dell’Egeo e si impreziosì grazie ai numerosi trofei di guerra delle varie campagne orientali, tra i quali le due Colonne d’Acri che si ergono dietro la parete sud della Basilica, verso la Piazzetta San Marco. Anche i primi Mosaici di San Marco sono opera di mosaicisti orientali che sono stati condotti a Venezia allo scopo di portare alla Città la manodopera specializzata dell’Egeo. Solo la Basilica di San Marco ha un mosaico che celebra sé stessa, eseguito nel XIII secolo, si trova sopra l’arco nord della facciata principale, il mosaico del Portale di Sant'Alipio. Consiglio di visitare anche la terrazza che copre tutta la lunghezza della Basilica e si affaccia su Piazza San Marco, da cui è possibile ammirare nella sua interezza. Dalla terrazza si ha una visione del tutto particolare anche della Torre dell'Orologio. Nel percorso di accesso alla stessa sono in mostra arazzi e stoffe preziose, nonché gli originali della Quadriga di Cavalli di San Marco, la cui copia sovrasta la porta principale di accesso alla Basilica. Infatti, i quattro cavalli si trovano riparati dagli agenti atmosferici per preservarne l’integrità. Il camminamento permette di ammirare tre dei lati della Basilica, la Piazza San Marco, la Piazzetta San Marco e la Piazzetta dei Leoncini. Infine, sul prospetto sud è ammirabile uno splendido mosaico raffigurante la Madonna col Bambino, popolarmente conosciuta come la Madonna del Fornareto, sotto la quale viene mantenuto acceso un lume a ricordo del “fornareto” – ovvero il giovane fornaio - giustiziato innocente per un omicidio che non aveva commesso.
La storia del Ponte dei Sospiri Nel 1577 Palazzo Ducale fu devastato da un incendio che costrinse il Senato della Repubblica a spostare le famose prigioni veneziane, i Pozzi e i Piombi. Le nuove celle, più ampie e sicure, furono collocate sulla riva di fronte del Rio di Palazzo e rimasero in uso per secoli fino al 1919. Nel 1614 l’allora doge Marino Grimani ordinò all’architetto Antonio Contin di edificare un ponte che congiungesse le sale delle Magistratura direttamente alle prigioni, per trasferire i colpevoli subito dopo la sentenza. Il Ponte fu costruito secondo i dettami dello stile barocco con pietra d’Istria, una roccia calcarea microcristallina e compatta con bassa porosità, molto resistente all’erosione salina. Sulla facciata esterna, al centro, puoi vedere raffigurata la Giustizia e subito sotto puoi scorgere lo stemma del doge Grimani. Il ponte è chiamato così perchè i prigionieri, attraversando in catene il ponte, rivolgevano probabilmente un ultimo sguardo al panorama, all’isola di San Giorgio e allo squarcio di cielo, tirando rassegnati dei sospiri come ultimo anelito alla libertà perduta. Secondo la vox populi, a dare il nome al ponte fu il poeta inglese Lord Byron che a Venezia aveva trovato riparo dai debiti e dagli scandali della madrepatria. Col passare del tempo, l’eleganza della struttura e il suo incantevole scorcio diventarono un punto di riferimento per gli innamorati. Curiosità del Ponte dei Sospiri Tra le tante avventure della vita rocambolesca di Giacomo Casanova vi è anche quella della sua evasione dai Piombi, grazie a un foro praticato nel soffitto da un suo compagno di reclusione. La sua fuga avventurosa è narrata nel suo libro di memorie “Storia della mia fuga dai Piombi”. Puoi ammirare il Ponte dei Sospiri dall’esterno, in particolare dal Ponte della Paglia e dal Ponte della Canonica, però ti consiglio vivamente di partecipare a una delle visite guidate per vivere la suggestione degli interni. Se prenoti un tour puoi anche ripercorrere il tragitto dei carcerati, vedere la Stanza della Tortura e la Sala dell’Inquisizione. Un’occasione da non perdere se vuoi conoscere tutti le storie più segrete e misteriose della Serenissima.
124 Recomendado por los habitantes de la zona
Puente de los Suspiros
1 P.za San Marco
124 Recomendado por los habitantes de la zona
La storia del Ponte dei Sospiri Nel 1577 Palazzo Ducale fu devastato da un incendio che costrinse il Senato della Repubblica a spostare le famose prigioni veneziane, i Pozzi e i Piombi. Le nuove celle, più ampie e sicure, furono collocate sulla riva di fronte del Rio di Palazzo e rimasero in uso per secoli fino al 1919. Nel 1614 l’allora doge Marino Grimani ordinò all’architetto Antonio Contin di edificare un ponte che congiungesse le sale delle Magistratura direttamente alle prigioni, per trasferire i colpevoli subito dopo la sentenza. Il Ponte fu costruito secondo i dettami dello stile barocco con pietra d’Istria, una roccia calcarea microcristallina e compatta con bassa porosità, molto resistente all’erosione salina. Sulla facciata esterna, al centro, puoi vedere raffigurata la Giustizia e subito sotto puoi scorgere lo stemma del doge Grimani. Il ponte è chiamato così perchè i prigionieri, attraversando in catene il ponte, rivolgevano probabilmente un ultimo sguardo al panorama, all’isola di San Giorgio e allo squarcio di cielo, tirando rassegnati dei sospiri come ultimo anelito alla libertà perduta. Secondo la vox populi, a dare il nome al ponte fu il poeta inglese Lord Byron che a Venezia aveva trovato riparo dai debiti e dagli scandali della madrepatria. Col passare del tempo, l’eleganza della struttura e il suo incantevole scorcio diventarono un punto di riferimento per gli innamorati. Curiosità del Ponte dei Sospiri Tra le tante avventure della vita rocambolesca di Giacomo Casanova vi è anche quella della sua evasione dai Piombi, grazie a un foro praticato nel soffitto da un suo compagno di reclusione. La sua fuga avventurosa è narrata nel suo libro di memorie “Storia della mia fuga dai Piombi”. Puoi ammirare il Ponte dei Sospiri dall’esterno, in particolare dal Ponte della Paglia e dal Ponte della Canonica, però ti consiglio vivamente di partecipare a una delle visite guidate per vivere la suggestione degli interni. Se prenoti un tour puoi anche ripercorrere il tragitto dei carcerati, vedere la Stanza della Tortura e la Sala dell’Inquisizione. Un’occasione da non perdere se vuoi conoscere tutti le storie più segrete e misteriose della Serenissima.
Nella sua lunga esistenza il Palazzo, le cui vicende attraversano cinque secoli di storia veneziana, ha conosciuto diversi proprietari. Molti sono stati gli inquilini che hanno vissuto, non sempre nel lusso, negli ambienti di questa “casa fontego” di evidente gusto tardo-gotico. Verso la fine del Quattrocento il Palazzo si arricchisce di una “bizzarra e leggiadra” scala a chiocciola (in veneziano “bovolo”, da qui l’appellativo) voluta da Pietro Contarini, rampollo appartenente alla potente famiglia Contarini del ramo di San Paternian che nel Trecento si era potuta fregiare dell’alto onore di aver dato un doge, Andrea Contarini, alla Serenissima Repubblica. Ed è proprio nel xiv secolo che si collocherebbe la costruzione originaria dell’edificio. L’importanza del Palazzo, che non ha alcun affaccio sul Canal Grande, è ascrivibile alla posizione privilegiata che occupa nel tessuto urbano: esso infatti è equidistante da Rialto, cuore economico, e da San Marco, cuore politico di Venezia. Approfonditi studi stilistici sono concordi nell’attribuire il progetto della Scala del Bovolo a un artigiano locale individuato nel veneziano Giovanni Candi e agli stessi anni si possono datare anche i lavori di trasformazione che interessarono il cortile interno con l’apertura di logge. Questo insieme di interventi sono la testimonianza del lento diffondersi in Laguna di un più spiccato gusto rinascimentale, “innestato” in città per il tramite di artisti e maestranze toscane approdate a Venezia. La sequenza di logge sovrapposte risolve l’elemento di raccordo fra la torre e l’adiacente palazzo che si sviluppa su quattro piani – oltre al piano terreno – ed è il risultato della fusione di due corpi edilizi: un blocco trapezoidale costruito attorno a una corte centrale (il nucleo più antico), cui venne aggregato un corpo a pianta rettangolare. Sia all’interno, che all’esterno del fabbricato, sono ancora rilevabili i caratteri gotici più antichi: sulla facciata rivolta verso San Marco si conservano lacerti di una ricca decorazione con motivi floreali e brillanti colori, a cui successivamente la monumentale scala si è venuta ad accostare. La facciata principale sul rio di San Luca conserva quasi integralmente la sua originale sembianza tardo-gotica. Testimonianza diretta e sicura della cronologia, è la presenza della scala nella pianta prospettica di Jacopo de Barbari: prova che i lavori di ristrutturazione si erano svolti piuttosto velocemente e che nell’anno 1500 si erano ormai conclusi.
172 Recomendado por los habitantes de la zona
Palazzo Contarini del Bovolo
4303 Scala Contarini del Bovolo
172 Recomendado por los habitantes de la zona
Nella sua lunga esistenza il Palazzo, le cui vicende attraversano cinque secoli di storia veneziana, ha conosciuto diversi proprietari. Molti sono stati gli inquilini che hanno vissuto, non sempre nel lusso, negli ambienti di questa “casa fontego” di evidente gusto tardo-gotico. Verso la fine del Quattrocento il Palazzo si arricchisce di una “bizzarra e leggiadra” scala a chiocciola (in veneziano “bovolo”, da qui l’appellativo) voluta da Pietro Contarini, rampollo appartenente alla potente famiglia Contarini del ramo di San Paternian che nel Trecento si era potuta fregiare dell’alto onore di aver dato un doge, Andrea Contarini, alla Serenissima Repubblica. Ed è proprio nel xiv secolo che si collocherebbe la costruzione originaria dell’edificio. L’importanza del Palazzo, che non ha alcun affaccio sul Canal Grande, è ascrivibile alla posizione privilegiata che occupa nel tessuto urbano: esso infatti è equidistante da Rialto, cuore economico, e da San Marco, cuore politico di Venezia. Approfonditi studi stilistici sono concordi nell’attribuire il progetto della Scala del Bovolo a un artigiano locale individuato nel veneziano Giovanni Candi e agli stessi anni si possono datare anche i lavori di trasformazione che interessarono il cortile interno con l’apertura di logge. Questo insieme di interventi sono la testimonianza del lento diffondersi in Laguna di un più spiccato gusto rinascimentale, “innestato” in città per il tramite di artisti e maestranze toscane approdate a Venezia. La sequenza di logge sovrapposte risolve l’elemento di raccordo fra la torre e l’adiacente palazzo che si sviluppa su quattro piani – oltre al piano terreno – ed è il risultato della fusione di due corpi edilizi: un blocco trapezoidale costruito attorno a una corte centrale (il nucleo più antico), cui venne aggregato un corpo a pianta rettangolare. Sia all’interno, che all’esterno del fabbricato, sono ancora rilevabili i caratteri gotici più antichi: sulla facciata rivolta verso San Marco si conservano lacerti di una ricca decorazione con motivi floreali e brillanti colori, a cui successivamente la monumentale scala si è venuta ad accostare. La facciata principale sul rio di San Luca conserva quasi integralmente la sua originale sembianza tardo-gotica. Testimonianza diretta e sicura della cronologia, è la presenza della scala nella pianta prospettica di Jacopo de Barbari: prova che i lavori di ristrutturazione si erano svolti piuttosto velocemente e che nell’anno 1500 si erano ormai conclusi.
Palazzo Grassi (anche conosciuto come Palazzo Grassi-Stucky) è un edificio civile veneziano, sito nel sestiere di San Marco e affacciato sul Canal Grande. È uno degli edifici lagunari più noti, oltre a sede di mostre d'arte meritevoli di particolare interesse: è famoso perché definito come l'ultimo palazzo patrizio affacciato su Canal Grande prima del crollo della Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 2005, l'imprenditore francese François Pinault decise di acquistare Palazzo Grassi per potere esporre al suo interno la collezione privata di opere d'arte contemporanee e moderne di sua proprietà. A tal fine decise di affidare all'architetto giapponese Tadao Andō le opere di rinnovo e rimodernizzazione della struttura. L'architetto decide subito di mantenere intatti, durante tutto l'arco dei suoi lavori, i punti di riferimento architettonici della struttura, garantendo così il principio di reversibilità sul suo operato: Le cimase riprendono lo stile delle pareti create da Aulenti. L'unica differenza fra le due soluzioni architettoniche, sta nel fatto che Ando decide di raddrizzarle, conferendo al palazzo un aspetto neutro, quasi monacale, che a detta dello stesso artista, "vorrebbe rifarsi ad un'opera di Donald Judd". Le scale vengono rivestite da un semplice marmorino bianco; a differenza dei pavimenti, per i quali l'artista giapponese ha deciso di optare per del linoleum grigio, che ricopre gli antichi marmi intarsiati. Il ripristino di alcuni pregiati marmi e stucchi originali, è stato affidato alle mani sapienti di alcuni artigiani locali, custodi delle antiche tecniche della Serenissima. L'impianto d'illuminazione è costituito da 1800 faretti orientabili e regolabili fissati a travi d'acciaio cave che ospitano anche gli apparecchi di videosorveglianza, i rilevatori di presenza e le luci di emergenza: è stato così possibile evitare di danneggiare i preziosi soffitti. Le finestre affacciate sul Canal Grande sono state impreziosite con delle veneziane interne. La vetrata è stata provvista di un velario che regala al cortile una luce chiara, sobria e sensuale. Anche l'entrata e la biglietteria hanno subito delle modifiche: la prima è stata ampliata sostanzialmente, mentre la seconda è stata posizionata sotto le colonne dell'atrio. Contraddistinto da due grandi facciate, l'una frontale affacciata sul Canal Grande e l'una laterale affacciata sul Campo San Samuele, si distingue per la sua incredibile mole e per il suo candore. Denota la volontà della famiglia Grassi di essere riconosciuta pubblicamente come potente, influente e ricca: una sorta di status symbol. La facciata principale, in chiaro stile neoclassico, nasconde una pianta quanto mai complessa e scenografica, ispirata più al modello romano che al modello veneziano. Al centro, si apre un cortile colonnato, simile a quello di Palazzo Corner[1], che divide la struttura in due blocchi: quello anteriore ospita quattro sale laterali e un salone centrale, mentre quello posteriore locali di minori dimensioni e un fastoso scalone decorato da Michelangelo Morlaiter e da Fabio Canal, simile per forma a quello di Palazzo Pisani Moretta[2][3]. Tornando al fronte principale, esso è rivestito interamente in pietra d'Istria e rispetta la tradizionale disposizione tripartita: le finestre, dall'aspetto lineare e di ispirazione classica, sono concentrate in una polifora in ciascuno dei piani nobili. I fori differiscono per decorazione: quelli del primo piano sono a tutto sesto, mentre quelli del secondo presentano dei timpani talora curvilinei, talora triangolari. Le finestre sono separate da lesene lisce culminanti in capitelli ionici o corinzi. Presenta un portale ad acqua diviso in tre fori, simile a un arco di trionfo. Il prospetto è chiuso da una fascia con cornicione a mensola, che nasconde il sottotetto. La facciata laterale, altrettanto imponente, imita nello stile la principale, proponendo un portale a terra di ispirazione romana e una serliana. Numerose sono le monofore con o senza balcone, disposte ordinatamente a coppie. La Collezione François Pinault è una delle cinque collezioni d'arte moderna e contemporanea più grandi del mondo. La collezione è essenzialmente costituita da pitture, sculture, fotografie e video appartenenti ai movimenti artistici dell'Arte Povera, del Minimalismo, del Post-minimalismo e della Pop Art.
164 Recomendado por los habitantes de la zona
Palacio Grassi
3231 Campo San Samuele
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Palazzo Grassi (anche conosciuto come Palazzo Grassi-Stucky) è un edificio civile veneziano, sito nel sestiere di San Marco e affacciato sul Canal Grande. È uno degli edifici lagunari più noti, oltre a sede di mostre d'arte meritevoli di particolare interesse: è famoso perché definito come l'ultimo palazzo patrizio affacciato su Canal Grande prima del crollo della Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 2005, l'imprenditore francese François Pinault decise di acquistare Palazzo Grassi per potere esporre al suo interno la collezione privata di opere d'arte contemporanee e moderne di sua proprietà. A tal fine decise di affidare all'architetto giapponese Tadao Andō le opere di rinnovo e rimodernizzazione della struttura. L'architetto decide subito di mantenere intatti, durante tutto l'arco dei suoi lavori, i punti di riferimento architettonici della struttura, garantendo così il principio di reversibilità sul suo operato: Le cimase riprendono lo stile delle pareti create da Aulenti. L'unica differenza fra le due soluzioni architettoniche, sta nel fatto che Ando decide di raddrizzarle, conferendo al palazzo un aspetto neutro, quasi monacale, che a detta dello stesso artista, "vorrebbe rifarsi ad un'opera di Donald Judd". Le scale vengono rivestite da un semplice marmorino bianco; a differenza dei pavimenti, per i quali l'artista giapponese ha deciso di optare per del linoleum grigio, che ricopre gli antichi marmi intarsiati. Il ripristino di alcuni pregiati marmi e stucchi originali, è stato affidato alle mani sapienti di alcuni artigiani locali, custodi delle antiche tecniche della Serenissima. L'impianto d'illuminazione è costituito da 1800 faretti orientabili e regolabili fissati a travi d'acciaio cave che ospitano anche gli apparecchi di videosorveglianza, i rilevatori di presenza e le luci di emergenza: è stato così possibile evitare di danneggiare i preziosi soffitti. Le finestre affacciate sul Canal Grande sono state impreziosite con delle veneziane interne. La vetrata è stata provvista di un velario che regala al cortile una luce chiara, sobria e sensuale. Anche l'entrata e la biglietteria hanno subito delle modifiche: la prima è stata ampliata sostanzialmente, mentre la seconda è stata posizionata sotto le colonne dell'atrio. Contraddistinto da due grandi facciate, l'una frontale affacciata sul Canal Grande e l'una laterale affacciata sul Campo San Samuele, si distingue per la sua incredibile mole e per il suo candore. Denota la volontà della famiglia Grassi di essere riconosciuta pubblicamente come potente, influente e ricca: una sorta di status symbol. La facciata principale, in chiaro stile neoclassico, nasconde una pianta quanto mai complessa e scenografica, ispirata più al modello romano che al modello veneziano. Al centro, si apre un cortile colonnato, simile a quello di Palazzo Corner[1], che divide la struttura in due blocchi: quello anteriore ospita quattro sale laterali e un salone centrale, mentre quello posteriore locali di minori dimensioni e un fastoso scalone decorato da Michelangelo Morlaiter e da Fabio Canal, simile per forma a quello di Palazzo Pisani Moretta[2][3]. Tornando al fronte principale, esso è rivestito interamente in pietra d'Istria e rispetta la tradizionale disposizione tripartita: le finestre, dall'aspetto lineare e di ispirazione classica, sono concentrate in una polifora in ciascuno dei piani nobili. I fori differiscono per decorazione: quelli del primo piano sono a tutto sesto, mentre quelli del secondo presentano dei timpani talora curvilinei, talora triangolari. Le finestre sono separate da lesene lisce culminanti in capitelli ionici o corinzi. Presenta un portale ad acqua diviso in tre fori, simile a un arco di trionfo. Il prospetto è chiuso da una fascia con cornicione a mensola, che nasconde il sottotetto. La facciata laterale, altrettanto imponente, imita nello stile la principale, proponendo un portale a terra di ispirazione romana e una serliana. Numerose sono le monofore con o senza balcone, disposte ordinatamente a coppie. La Collezione François Pinault è una delle cinque collezioni d'arte moderna e contemporanea più grandi del mondo. La collezione è essenzialmente costituita da pitture, sculture, fotografie e video appartenenti ai movimenti artistici dell'Arte Povera, del Minimalismo, del Post-minimalismo e della Pop Art.
il Campanile di San Marco è l'edificio più alto di Venezia coi suoi quasi 100 metri di elevazione. (mt. 99, 78 angelo compreso). Una palizzata di 3076 pali sostiene l'enorme peso della costruzione. I pali, conficcati nel terreno molle per creare consistenza e compattezza, come in tutte le fondazioni di Venezia, sono stati infissi seguendo un pereciso schema: dopo aver definito il perimetro con una cinta di pali, partendo dal centro, con un percorso a spirale, si è compattato il terreno sul quale è iniziata la costruzione. Il tutto è stato inglobato da una colata di calcestruzzo che a sua volta sostiene il 1.204.000 mattoni che formano il campanile. Successivamente furono realizzate la cornice in pietra d'Istria, la cella campanaria, il dado e la cuspide rivestita in rame. Sulla cima l'Arcangelo Gabriele, alto più di cinque metri, brilla con la sua doratura e girando su un perno, indica ai veneziani, la direzione del vento. In relazione della direzione del vento, dall'intensità delle nubi e dall'andamento delle maree si riesce a stabilire se e quando potrebbe piovere o comunque cambiar el tempo. Sulla loggia campanaria, raggiungibile sia a piedi con una lunga ed interminabile salita oppure a pagamento con un comodo ascensore, ci si può godere della più spettacolare vista della città, luogo dal quale Galileo Galilei presentò il cannocchiale facendo vedere al Doge i pescatori a Chioggia. Le campane sono cinque, ognuna con il proprio nome legato alla attività lavorativa che fa iniziare o finire. La Marangona è la più grande e perciò venne detta el campanon. E' suonata di primo mattino per avvertire gli operai felegnami, marangoni in veneziano, numerosissimi nella Venezia Serenissima, l'inizio e la fine della giornata lavorativa. La Mezana o Nona che suona a mezzogiorno. La Mezza Terza o Pregadio chiamava a raccolta i fedeli alle funzioni religiose ed annunciava l'inizio delle riunioni del Senato. La Trottiera chiamava i membri del Maggior Consiglio che allora si affrettavano a raggiungere il Palazzo Ducale avviandosi al trotto sulle loro cavalcature. La Ringhiera o di Giustizia avvertiva che i condannati alla pena capitale venivano portati a morte. Sul campanile venivano pure fatta dimostrazione di come venivano puniti alcuni reati. I condannati venivano chiusi in una gabbia di legno, chiamata cheba, ed appesi fuori a circa metà campanile, a scontare la propria pena sotto gli occhi del popolo che passava sotto, una vera a propria gogna sospesa . Rimanevano chiusi per giorni interi e venivano sfamati e dissetati dai famigliari che porgevano loro il cibo e l'acqua con lunghe canne. Nell'888, o secondo altri, nel 911 furono iniziati i lavori di costruzione del primo Campanile. Nei secoli successivi se ne continuarono i lavori. Da ricordare, fra i vari architetti che si succedettero, Nicolò Barattieri (anno 1180), e Montagnana (anno 1329). Nel 1489 cadde un fulmine che bruciò la cella campanaria, che fu ricostruita da Bartolomeo Bon dal 1510 al 1514, compresi l'attico, ed il pinnacolo. Ai piedi del campanile, che in quegli anni venne sbarazzato dalle botteghe di legname che v'erano addossate, sta la Loggetta, splendida opera del Sansovino (1540), destinata alla residenza di tre Procuratori di San Marco durante le sedute del Maggior Consiglio. Il 14 luglio 1902 verso le 10 del mattino, preavvisato da crescenti scricchiolii e da una grossa crepa, la struttura collassò, abbattendosi su se stessa. Quasi miracolosamente non ci furono né morti né feriti. Il fatto fu traumatico per tutta la città, anche se alcune perizie avevano già denunciato gravi problemi di stabilità. La macerie furono simbolicamente sepolte nell'Adriatico. La ricostruzione voluta immediatamente dal sindaco Filippo Grimani, guidata dal motto "com'era e dov'era", iniziò con la posa della prima pietra a cura del patriarca Sarto il 25 aprile 1903 e terminò il 6 marzo 1912. L'inaugurazione della nuova struttura si tenne il 25 aprile di quell'anno, il giorno della festa di San Marco. La vista che si gode dalla cella campanaria è una delle più suggestive che si possano avere.
105 Recomendado por los habitantes de la zona
Campanile di San Marco
Piazza San Marco
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il Campanile di San Marco è l'edificio più alto di Venezia coi suoi quasi 100 metri di elevazione. (mt. 99, 78 angelo compreso). Una palizzata di 3076 pali sostiene l'enorme peso della costruzione. I pali, conficcati nel terreno molle per creare consistenza e compattezza, come in tutte le fondazioni di Venezia, sono stati infissi seguendo un pereciso schema: dopo aver definito il perimetro con una cinta di pali, partendo dal centro, con un percorso a spirale, si è compattato il terreno sul quale è iniziata la costruzione. Il tutto è stato inglobato da una colata di calcestruzzo che a sua volta sostiene il 1.204.000 mattoni che formano il campanile. Successivamente furono realizzate la cornice in pietra d'Istria, la cella campanaria, il dado e la cuspide rivestita in rame. Sulla cima l'Arcangelo Gabriele, alto più di cinque metri, brilla con la sua doratura e girando su un perno, indica ai veneziani, la direzione del vento. In relazione della direzione del vento, dall'intensità delle nubi e dall'andamento delle maree si riesce a stabilire se e quando potrebbe piovere o comunque cambiar el tempo. Sulla loggia campanaria, raggiungibile sia a piedi con una lunga ed interminabile salita oppure a pagamento con un comodo ascensore, ci si può godere della più spettacolare vista della città, luogo dal quale Galileo Galilei presentò il cannocchiale facendo vedere al Doge i pescatori a Chioggia. Le campane sono cinque, ognuna con il proprio nome legato alla attività lavorativa che fa iniziare o finire. La Marangona è la più grande e perciò venne detta el campanon. E' suonata di primo mattino per avvertire gli operai felegnami, marangoni in veneziano, numerosissimi nella Venezia Serenissima, l'inizio e la fine della giornata lavorativa. La Mezana o Nona che suona a mezzogiorno. La Mezza Terza o Pregadio chiamava a raccolta i fedeli alle funzioni religiose ed annunciava l'inizio delle riunioni del Senato. La Trottiera chiamava i membri del Maggior Consiglio che allora si affrettavano a raggiungere il Palazzo Ducale avviandosi al trotto sulle loro cavalcature. La Ringhiera o di Giustizia avvertiva che i condannati alla pena capitale venivano portati a morte. Sul campanile venivano pure fatta dimostrazione di come venivano puniti alcuni reati. I condannati venivano chiusi in una gabbia di legno, chiamata cheba, ed appesi fuori a circa metà campanile, a scontare la propria pena sotto gli occhi del popolo che passava sotto, una vera a propria gogna sospesa . Rimanevano chiusi per giorni interi e venivano sfamati e dissetati dai famigliari che porgevano loro il cibo e l'acqua con lunghe canne. Nell'888, o secondo altri, nel 911 furono iniziati i lavori di costruzione del primo Campanile. Nei secoli successivi se ne continuarono i lavori. Da ricordare, fra i vari architetti che si succedettero, Nicolò Barattieri (anno 1180), e Montagnana (anno 1329). Nel 1489 cadde un fulmine che bruciò la cella campanaria, che fu ricostruita da Bartolomeo Bon dal 1510 al 1514, compresi l'attico, ed il pinnacolo. Ai piedi del campanile, che in quegli anni venne sbarazzato dalle botteghe di legname che v'erano addossate, sta la Loggetta, splendida opera del Sansovino (1540), destinata alla residenza di tre Procuratori di San Marco durante le sedute del Maggior Consiglio. Il 14 luglio 1902 verso le 10 del mattino, preavvisato da crescenti scricchiolii e da una grossa crepa, la struttura collassò, abbattendosi su se stessa. Quasi miracolosamente non ci furono né morti né feriti. Il fatto fu traumatico per tutta la città, anche se alcune perizie avevano già denunciato gravi problemi di stabilità. La macerie furono simbolicamente sepolte nell'Adriatico. La ricostruzione voluta immediatamente dal sindaco Filippo Grimani, guidata dal motto "com'era e dov'era", iniziò con la posa della prima pietra a cura del patriarca Sarto il 25 aprile 1903 e terminò il 6 marzo 1912. L'inaugurazione della nuova struttura si tenne il 25 aprile di quell'anno, il giorno della festa di San Marco. La vista che si gode dalla cella campanaria è una delle più suggestive che si possano avere.